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venerdì 28 dicembre 2012

Il Natale a Cesacastina

I ricordi di Concetta Zilli di come si festeggiava il periodo più bello dell’anno nel cuore dei monti della Laga teramani.


Per la festività dell’Immacolata Concezione, tutti gli abitanti di Cesacastina donavano, (lo fanno tuttora) dei bei pezzi di legno per accendere un grande fuoco.
Le fiamme erano benedette e per ore le donne cantavano lodi alla Vergine Maria.
Dopo l'evento, ognuno portava a casa un tizzone di fuoco benedetto.

Ma, certamente l’attesa di tutti s’incentrava nel giorno della vigilia.
Dalla fine dell'estate, dopo il quindici settembre, i ragazzi dai dieci ai quattordici anni, si mettevano alla ricerca di bastoni per mettere sulle sommità un chiodo di muratore.

Come piccoli scoiattoli, gli adolescenti salivano sui numerosi alberi di ciliegio e staccavano via la corteccia in lunghe strisce da essiccare vicino al camino fino al Natale.
La corteccia seccando, diventava riccia, arrotolandosi su se stessa.
Era poi infilata sul chiodo del bastone.

Questa era la lunga preparazione alla festa dei “Faoni”.
Giunti alla messa di mezzanotte si dava inizio a uno spettacolo bellissimo e commovente.
Il paese che, al calar della sera, cadeva come tutti i borghi montani, in un buio totale, di colpo era rischiarato dal chiarore delle sommità dei bastoni dove si era dato fuoco alle cortecce. I faoni erano fondamentali per raggiungere la chiesa e partecipare alla messa di mezzanotte.

Meravigliosa era la scena dei serpentoni di luce che, da tutte le borgate di Cesacastina, cioè “Colle”, “Villa”, “Mastresco” e “Combrello”, confluivano nella chiesa principale.
Le strade erano piene di buchi, spesso coperte di neve e ghiaccio. Il fuoco recava sollievo alle persone anziane e meno agili.
Immaginate quant’era romantico il rossore sul bianco della neve.

Prima di recarci tutti alla Celebrazione Eucaristica, si consumava la cena della vigilia, consistente in una pasta con il sugo di baccalà, (sì, pesce in montagna), la zuppa di ceci e castagne.
Il prezioso frutto, pane degli antichi, era acquistato nella “fiera di tutti i morti” che il 2 novembre si svolgeva a Montorio al Vomano.

Le castagne provenienti in gran parte dagli alberi di Senarica, erano nascoste dalle mamme per evitare che i maschi mangiassero tutto prima del 24 dicembre.
Le paure ancestrali erano tipiche della notte di attesa.
I padri vietavano di avvicinarsi alle stalle poiché in queste ore, il Signore dava il dono agli animali di parlare come gli umani.
L'avvicinarsi avrebbe rotto l’incantesimo.

In questa notte magica, le mamme alle figlie o le nonne alle nipoti, potevano insegnare litanie in grado di sconfiggere il malocchio.
In dialetto si chiamava "Lu dice all’ucchie".
Il malcapitato, colpito dagli sguardi cattivi, doveva sottostare con fede al rito di croci segnate sul corpo con le mani e la recita nascosta di preghiere fatte a bassa voce, conosciute da pochi guaritori.

La conferma della scomparsa del pericoloso malocchio, si aveva versando delle gocce di olio nuovo in un piatto d'acqua per vedere se allargavano i cerchi oppure no.

Il venticinque si mangiava carne e un primo di pasta all'uovo.
Il dolce era la “pastuccie”, fatto con fichi secchi e impasto realizzato con lievito madre del pane di patate, tipico della zona.
Gli squisiti “calcionetti” con ripieno di cioccolata e castagne e il ricco timballo di scrippelle sarebbero arrivati solo dopo.





Articolo redatto da Sergio Scacchia, autore tra l'altro di tre libri:
"Silenzi di Pietra" e "Il mio Ararat" e "Abruzzo nel cuore".

L'articolo è stato pubblicato su N°2 blog
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giovedì 27 dicembre 2012

Western Australia: Il Mare nella zuppa di Natale

Reportage sul ”Natale degli altri” dell’amico Raoul Ricci, teramano emigrato a Perth, in Australia, per lavoro.


In un lunedì primaverile di inizio ottobre le commesse di un centro commerciale sono già impegnate a riempire gli scaffali di cianfrusaglie natalizie.
Alla domanda un po’ ingenua, ‘ma non è ancora presto?’ - considerando che mancano più di due mesi - segue la risposta secca e poco romantica di una di loro: ‘Il Natale è il nostro miglior business!’.
Come darle torto?

Mi chiedo come sia il Natale qui, nel Western Australia, distante oltre 15mila chilometri da casa.
E faccio fatica ad immaginarlo.
L’ Australia è un racconto troppo grande da narrare tutto d’un fiato.

Sensazioni sconfinate come le terre che ti si presentano davanti mentre guidi su highways che non hanno inizio e fine.
L’Australia è una terra di tutti e di nessuno, dove culture millenarie si sfiorano senza mai toccarsi realmente.

Il Natale è la festa religiosa che, paradossalmente, funge da collante (commerciale) tra le etnie e le loro credenze, andando ben oltre i significati religiosi convenzionali. Le tradizioni qui hanno un’altra accezione e le loro radici sono ancora giovani e sensibili ai cambiamenti.

La natura è l’indiscusso palcoscenico su cui il popolo australiano banchetta le festività. Complice la stagione – Natale cade infatti in piena estate – ogni buon australiano si riversa sulle spiagge in perfetta tenuta da mare bermuda-olio solare- tavola da surf (e cappellino da babbo natale!) per dare sfogo alla naturale voglia di onde e di abbronzatura.

Le spiagge si trasformano in immensi pic-nic collettivi dove l’odore dei barbecue si mischia a quello di salsedine.
Se la Vigilia, da noi così sentita, è un giorno come un altro dove tutto è concesso e non vigono ristrettezze alimentari, il 25 dicembre è invece dedicato al tradizionale pranzo in famiglia, per mangiare abbondanti piatti a base di carne, non esclusa quella di canguro.

Per smaltire il lauto pasto, il pomeriggio lo si trascorre prevalentemente in spiaggia o in un parco.
Il clima è decisamente più ‘ferragostiano’ che natalizio.
Almeno ai nostri occhi.

Il Boxing Day, ovvero il giorno di santo Stefano come viene chiamato qui, forse è quello più atteso: è il ‘Day Off’ per eccellenza, soprattutto per i giovani, che si riversano in ogni luogo carichi di birra e di musica a tutto volume vomitata dagli impianti delle loro jeep.

E’ il party day’ preferito, più del capodanno, secondo quanto raccontano dalle parti di Perth.
Le fasce più adulte si organizzano in partite di golf o cricket, tipici sport domenicali della classe benestante.
Di venature religiose il Natale australiano ne offre veramente poche.

La maggioranza della popolazione, protestante, vive la festività con un approccio decisamente più scanzonato e meno intimo.
Natale è il tempo per svagarsi.
Solo in pochi frequentano le chiese per la semi-sconosciuta messa di mezzanotte. Altre credenze, altri stili di vita.

E’ interessante ascoltare le persone anziane, che qualcosa di inaspettato sanno sempre rivelare: dalle parti di Albany – splendida località di maggiore rilevanza storica del WA – per esempio, i discendenti dei primi coloni sono gli ultimi a conservare una tradizione lontana quanto affascinante: durante il pranzo di Natale, nella tipica zuppa di legumi all’inglese che viene servita in tavola, si usa mettere una goccia d’acqua di mare, prelevata precedentemente.

“E’ un’ usanza che proviene da chi viveva qui prima di noi - racconta Carol – e a me ricorda l’infanzia.
In quella zuppa io ritrovo il sapore del mare, del Natale, dei miei avi.”



Articolo redatto da Sergio Scacchia, autore tra l'altro di tre libri:
"Silenzi di Pietra" e "Il mio Ararat" e "Abruzzo nel cuore".

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mercoledì 26 dicembre 2012

Il presepe vivente a Giulianova, irrinunciabile tradizione!

Incontro l’amico e giornalista Walter De Berardinis, anima del frequentato sito internet www.giulianovanews.it in un freddo pomeriggio di dicembre.
È lui l’addetto stampa e portavoce istituzionale di una iniziativa bellissima che ogni anno, il 26 dicembre, da diciassette edizioni, regala il Presepe vivente della parrocchia di San Flaviano in Giulianova.

È una manifestazione religiosa e culturale da portare avanti tra mille difficoltà.

“Il presepe, Sergio, si svolge nel cuore del centro storico al buio e senza luce artificiale, solo con le torce.
Un narratore racconta la scena.
Si apre con un corteo di figuranti, mediamente duecento persone tra adulti e bambini, il materiale occorrente viene tutto dai privati, compreso i fondaci dove si svolgono le scene.
Le varie associazioni di volontariato, Carabinieri, polizia penitenziaria tutti a riposo, CRI e protezione civile coordinano il deflusso della gente e la sicurezza.
Gli abitanti del centro storico hanno un pass e ingresso riservato.
L'orario dell’evento è dalle 18:00 alle 22:00, un massimo di quattro ore dato il freddo pungente.
E' sempre gratis, naturalmente.

Difficoltà economiche, naturalmente!

“Non c’è un euro in cassa, Sergio, anche gli sponsor storici sono in difficoltà.
Non paghiamo nessun figurante, nessun rimborso spese per chi recita in questo antichissimo borgo degli Acquaviva.
Riusciamo comunque con l’aiuto dei cittadini e del buon Dio, a proporre un evento di rilievo.
Hai idea di quante cose occorrono?
C’è bisogno di una squadra di pronto intervento per falegnameria, elettricità, un service per casse, luci, mixer e microfono, costumisti, truccatori, ecc., insomma una cosa grande!
Invito tutti a visitare il sito www.presepevivente.net, gestito dal poliedrico regista, Domenico Canazza, anima della manifestazione.
È un grande giuliese, che coltiva varie arti, soprattutto quello dello spettacolo. Grazie a lui ogni anno la natività ha un gusto diverso, ogni scena è inedita.
Un esempio?

Scritte enormi fatte con cubi di polistirolo, troni giganti per ribadire la potenza di Roma, una stella enorme, una piazza fatta solo di tanti teli e danzatrici e angeli in bianco, un'altra piazza con un enorme corona e un Erode piccolo.
Non le solite scene del falegname o del fabbro.
Canazza desidera che la gente rifletta, pensi, si domandi, torni a casa a prendere in mano la Bibbia.

I problemi sono comunque tanti e non solo di ordine economico: ad esempio chi recita la parte del Bimbo? 

Da quando è chiuso il reparto di ostetricia e ginecologia dell'ospedale di Giulianova non ospitiamo più nascituri.
Alla fine di maggio, mia figlia Giulia è stata l'ultima femmina nata.
Sono quattro edizioni che il divin Bimbo non è nato in città ma in altri ospedali.
Con il freddo che fa a dicembre i neonati utilizzati nella manifestazione sono anche più di tre.
E poi, i giovani latitano.
Negli ultimi anni abbiamo deciso di adottare la formula del bando per far partecipare ragazzi e ragazze, insomma dare una scossa alla manifestazione, rendendola più vicina alla gioventù”.

Uno dei momenti più belli nella preparazione?

“Sicuramente le selezioni per la Sacra Famiglia.
Quella sera c'è il nostro fotografo ufficiale Vladimiro Di Stefano che scatta istantanee a tutti.
Poi iniziano le prove di coppia.
In una seconda sessione, con foto alla mano, il comitato confronta e valuta.
Di solito la spunta sempre il San Giuseppe più vecchio che riesce a trasmettere il senso di saggezza e di misticità del papà di Gesù.
Per la parte di Maria è tutto diverso.
Non guardiamo mai alla bellezza in se, ma quello che il viso può trasmettere agli spettatori.
Carisma, certo, ma soprattutto purezza”.

Non c’è dubbio! Il 26 dicembre saremo tutti insieme a godere di questo spettacolo divino nel cuore di Giulianova.


Articolo redatto da Sergio Scacchia, autore tra l'altro di tre libri:
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martedì 25 dicembre 2012

Il presepe - borgo dei Monti della Laga



Il video "Presepe e Museo Etnografico Le Genti della Laga (2007-12-25)" è stato estrapolato

dall'archivio della PacotVideo pubblicato su YouTube
e dove sono pubbicati altri 2 video:
1 - Presepe delle Genti della Laga 2003-04
2 - Presepe delle Genti della Laga 2004-05

Un cielo azzurro, punteggiato di stelle splendenti.
La grotta affascinante nella sua semplicità.
Uomini di montagna intenti alla fatica quotidiana.
Una straordinaria opera di artigianato che, in una miscela di sapienti ingredienti, abbraccia il visitatore portandolo in un viaggio tra realtà, storia, fede e cultura laica.


Il presepe delle “Genti della Laga”, la creatura amata da Gino Di Benedetto e Fabrizia Di Girolamo, diventa ancor più coinvolgente nel nuovo scenario, con facciate delle case dagli antichi portali e infissi recuperati da vecchi cascinali decaduti e spaccati di vita contadina che immergono in una realtà agreste che appartiene ai ricordi.

La particolarità del museo sta nella veridicità delle scenografie che emoziona tutti; la mostra svolge anche un ruolo didattico-educativo, permettendo di tramandare la memoria di attività millenarie.

Nella parte riservata alla Natività, trovano collocazione le mirabili realizzazioni dello scenografo napoletano Antonio Flagiello, recentemente scomparso, lasciate in donazione al museo presepe.

Non sola rappresentazione della nascita che cambiò il mondo ma testimonianza di un tempo che fu, di una vita dal ritmo lento che non esiste più se non nel ricordo di anziani sopravvissuti.

Un presepe-borgo che riproduce l’habitat antico: le sfumature, incredibilmente reali degli intonaci delle casette contadine, abitazioni dalle imposte di legno, povere “pinciare” dove la vita è dura, muri sgretolati in tufo, scalinate in pietra della Laga.

I deliziosi balconcini con le inferriate di ferro battuto che esibiscono trecce di cipolle, peperoncini, grappoli di pomodori.

Il panettiere che panifica, lo scalpellino curvo a battere la pietra, il pastore a transumare, il ceramista di Castelli a impastare creta, il ramaio a preparare utensili e tutto intorno il grigio degli acciottolati e dei muretti a secco, il verde delle colline di un verismo incredibile.

E poi i personaggi, riprodotti in tutte le occupazioni quotidiane, con vestiti tipici delle piccole comunità rurali di un Abruzzo che irrimediabilmente non c’è più, a creare struggenti nostalgie.

La nostalgia pervade l’atmosfera di suoni, luci e colori di cui il presepe delle “Genti della Laga” si nutre in un irripetibile afflato naturale.

Tutto, nella Rappresentazione del Cristo che si eleva sopra le miserie umane, rivela la maestria di chi ha concepito la Natività più grande della regione e una delle più interessanti d’Italia.

Una particolare tecnica usata dagli artigiani che dona vita ai protagonisti, dalla lavandaia che smette di sbattere i panni al fiume per assistere alla nascita del Bambino, al venditore di ricotta e salumi che espone la sua mercanzia, l’arrotino in mezzo ai coltelli, fino ai contadini intenti all’”accise de lu porche”, alla trebbiatura, alla vendemmia e raccolta olive.

I volti danno il senso della fatica e della povertà, tra rughe scavate dal sole e dalla vita difficile.

Le montagne di cartapesta, l’antica ramiera, il vecchio mulino, la deliziosa chiesina rupestre, il solitario romitorio, le pecore che attraverso i tratturi, svernano in Puglia, tutto è ricostruito con certosina meticolosità.

Emerge dalla scena un’umanità che non fa passare in sordina l’incredibile avvenimento della nascita dell’”Emmanuele”, ma anzi lo rafforza con migliaia di comprimari che illuminano la scena dolcissima della Sacra Famiglia.

Il fiabesco si mescola al reale nell’armonia del paesaggio dei monti della Laga, tra fiumi, cascate, prati, ruscelli, mentre cresce l’attesa dell’evento più importante dell’umanità.

Il formicolare del mercato paesano, tra bancarelle, botteghe e osterie, si contrappone alla plasticità del volo degli Angeli nel cielo scuro della notte e alla carovana dei Re Magi, in una commistione che stupisce.

E, ovunque, c’è il senso rassicurante di un messaggio d’amore verso Dio e i fratelli.

(Collaborazione: Sandro De Marcellis - Foto: Gianluca Pisciaroli)

Il Presepe sarà visitabile nei seguenti orari e date:
Sabato 15 e 22 dicembre 2012 (dalle ore 16:00 alle ore 20:00),
Domenica 9 e 16 dicembre 2012 (dalle ore 10:00 alle ore 20:00),

Dal 23 dicembre 2012 al 6 gennaio 2013 tutti i giorni (dalle ore 10:00 alle ore 20:00).

La mostra è visitabile previa prenotazione tutto l’anno.
L’INGRESSO È GRATUITO
Per informazioni e prenotazioni Tel: 338-3316641

Internet: www.cmgransasso.it/ginodibenedetto
E-mail: oggettidelpassato@tiscalinet.it
Blog: http://presepelegentidellalaga.blogspot.com
Facebook: www.facebook.com/groups/266076663441683/


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lunedì 24 dicembre 2012

La magia delle feste


La piccola chiesa è gremita.
Stipati in ogni ordine di posti ci sono tutti: il macellaio, l’assessore comunale, l’erbivendolo, l’emigrante che ha fatto soldi in America, il pastore.

Il coro di voci bianche intona canti natalizi accompagnati dal vecchio organista del paese.
I chierichetti in tunica rossa e cotta bianca, fieri di poter essere sul presbiterio, si muovono sinuosi; oscillano il turibolo, spandendo fumi variopinti di incenso profumato.

Il vecchio parroco sull’altare ha il sorriso soddisfatto.
Ai piedi dell’officiante un piccolo presepe dove ci sono tutti, da San Giuseppe, alla Madonna, dal bue all’asinello, ai pastori.
Manca solo il Bambino…

Vi racconto di una vigilia di Natale che non c’è più, in un remoto paesino qualunque ai piedi dei Monti della Laga teramani, dove la gioia è incontenibile nell’ attesa.
Fuori dal borgo, anche le boscose creste attendono, muovendosi sinuose, accompagnate dal vento freddo dell’inverno.

Si sente risuonare per le contrade una dolce melodia che prende tutti per mano a guidare come novella cometa, verso il luogo dell’evento.
Ecco i bambini in sciarpe e mantelline, con gli occhi assonnati ma sgranati per la curiosità antica, i nasini all'insù rossi per il freddo, ma felici di assistere alla veglia alla quale mai si sognerebbero di mancare.
Altri tempi si dirà!

L'atmosfera ed il mistero del Natale sono fra le poche cose che conservano un pizzico d’ incanto e poesia.
Il venticinque dicembre ancora oggi odora di conifere e di agrumi, di neve e di agrifoglio, di torrone e di frittelle.
Basta saper percepire i profumi e la magia e condividere le tradizioni.
Non facciamo scomparire usanze belle!
Riscopriamo il Natale di un tempo!

Le ansie, il travaglio per concepire un presepe più bello di quello del vicino di casa.
La ricerca di sugheri, legni, pietre, vetri, stagnola, cartoni, per creare l'ossatura del mistico teatro; l'apparato di monti, valli, anfratti, gole, grotte, quasi una nuda creazione di uno spicchio del mondo che deve rimanere integro negli anni che passano.

Che bello riascoltare i pastori intonare, con ciaramelle e cornamuse, l’immancabile “tu scendi dalle stelle”.
Che gioia riscoprirci coinvolti da questo momento magico; la vecchia che fila davanti alla finestra, il contadino che zappa il suo orto, il garzone tra le pecore al pascolo, il mugnaio, il maniscalco.

Ripetere quello che facevano i nostri nonni, quando alla messa di mezzanotte, deponevano in sacchi, asciugamani di canapa e lino, filati appositamente per gli usi della chiesa.

E che bello sarebbe ritrovarsi attorno al focolare, mentre un grosso ceppo di faggio brucia e riscalda fino a Santo Stefano, recitando un rosario, raccontando storie e mangiando noci e lupini con vino novello.
I bambini accoccolati accanto alla stufa con una vecchia coperta e, nel silenzio della sera, bello vederli ascoltare estasiati il nonno raccontare, con il sottofondo del crepitio della legna nel camino.

Le donne che preparano la “pastuccia” di fichi secchi,olio, zucchero, qualcuno a suonare fisarmonica e chitarra.

Apriamoci allo spirito di solidarietà e di amicizia che regnava in passato nelle comunità rurali del territorio teramano.
Torniamo a far sì che la nascita del Figlio di Dio, riacquisti la dignità di ricorrenza più attesa e sognata.



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domenica 23 dicembre 2012

Il Natale più bello


Il Natale più bello?
Sarebbe quello in cui tutti noi ci prendessimo l’impegno di difendere il territorio e le nostre opere d’arte.
Come?

Con piccoli gesti, del tipo non lasciare rifiuti in spiaggia, non cogliere fiori in montagna, cercare funghi senza devastare il sottobosco, evitare di portar via muschio per il presepe, usare alberi finti e non abeti destinati poi a morire.
Inutile negarlo, c’è una devastazione continua, cieca e suicida dello spazio in cui viviamo.
Anche a Natale!

Nel nostro magnifico territorio è in atto la progressiva trasformazione della pianura e della costa in una immensa periferia e l’abbandono della montagna.

Leggete dei paesi fantasma e della chiesa di S. Flaviano in distruzione in questo numero di fine anno.
Un disastro paesaggistico, un saccheggio e degrado del nostro patrimonio che sono la metafora dei mali italiani.
Tutto ciò non avverrebbe impunemente se tra i cittadini ci fosse una chiara percezione del valore delle risorse e della irreversibilità del loro consumo, del fatto che la storia indica sempre la via maestra.

Diventa indispensabile educare alla bellezza le generazioni future.
Se nessuno insegna ai bambini che camminare in un bosco, entrare in un museo o in una chiesa per guardare un affresco, vivere il mare d’inverno, può essere un’esperienza divertente, difficilmente quel bambino crescendo, si rileverà sensibile alla tutela del paesaggio.

Dobbiamo tornare a essere contagiati in una sorta di sindrome di Stendhal collettiva per essere coinvolti dalla bellezza di un ambiente, di un’opera d’arte.

Una ragazza di Agrigento ha scritto al F.A.I., fondo per l’ambiente italiano:
“Bisogna, in mezzo alla natura, non lasciare altro che l’impronta dei tuoi piedi e portar via solo foto, impressioni e ricordi, lasciando l’altro al suo posto”.


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giovedì 13 dicembre 2012

Commemorazione di Ercole Vincenzo Orsini, partigiano e medaglia d'oro della Resistenza


Si è svolta stamattina la cerimonia di Commemorazione di Ercole Vincenzo Orsini, partigiano e medaglia d'oro della Resistenza, nel 69°Anniversario dell'omicidio ad opera dei fascisti di Montorio al Vomano il 13 Dicembre 1943.

Orsini fu tra i principali organizzatori della concentrazione al Ceppo di Bosco Martese, partecipò alla storica battaglia e poi si nascose nel comune di Montorio al Vomano.

La sera del 13 Dicembre 1943 fu riconosciuto da alcuni fascisti del battaglione M mentre si trovava nella piazza principale della città, che oggi porta il suo nome.

Orsini scappò inseguito dai fascisti e fu raggiunto nei pressi del mulino Boccanera sulla sponda sinistra del fiume Vomano.

L'eroico partigiano rifiutò di arrendersi, e si difese usando una una pistola e un paio di bombe a mano.
I fascisti erano in dieci e fu sopraffatto, trucidato e il suo corpo, come esempio per i cittadini montoriesi, venne esposto nella piazza di Montorio.

La cerimonia, organizzata dal Comitato Provinciale di Teramo dell'ANPI (Associazione Nazionale Partigiani D'Italia) ha avuto inizio a Teramo, in Via Paladini, davanti alle Poste Centrali con deposizione di una corona d'alloro sotto la lapide di Orsini.

Piazza Paladini è il luogo nel quale Vincenzo Orsini e il fratellastro Gisberto svolgevano l'attività di esperti maestri nella lavorazione del legno e dove si riunivano durante il regime fascista gli antifascisti teramani e dove veniva programmata la cospirazione antifascista Teramana.

Successivamente i partecipanti alla manifestazione si sono trasferiti nel luogo natio di Orsini, a Montorio al Vomano.

Nella piazza dedicata a Orsini, davanti ad un folto gruppo di giovani studenti, hanno preso la parola le seguenti personalità:

- MIRKO DE BERARDINIS - Segretario Provinciale ANPI che ha letto la motivazione con la quale fu conferita nel 1979 la Medaglia D’Oro ad Ercole Vincenzo Orsini.

- SABATINO MAZZA - Presidente Sezione ANPI Montorio al Vomano

- MARCO CITEREI, Assessore Comunale che ha portato il saluto del sindaco Alessandro Di Giambattista e dell’Amministrazione di Montorio ai partecipanti

- Sen. ANTONIO FRANCHI - Presidente Provinciale ANPI che ha ricordato ai ragazzi la vita eroica di Ercole Vincenzo Orsini e le modalità vigliacche con cui fu catturato e ucciso e il cui corpo fu successivamente umiliato caricandolo sul dorso di un asino e lasciato per una intera notte nella melma della piazza principale di Montorio al Vomano.

- MIRKO DE BERARDINIS ha concluso la commemorazione leggendo un tratto del famoso "Discorso sulla Costituzione" di Piero Calamandrei, antifascista e membro dell’Assemblea Costituente, che fu pronunciato il 26 gennaio 1955 in occasione dell’inaugurazione di un ciclo di sette conferenze sulla Costituzione italiana organizzato da un gruppo di studenti universitari e medi per illustrare in modo accessibile a tutti i principi morali e giuridici che stanno a fondamento della nostra vita associativa.

"Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì, o giovani, col pensiero perché lì è nata la nostra costituzione"

Hanno presenziato all’iniziativa i nipoti di Ercole Vincenzo, Giovanna, Michele e Vincenzo, Autorità civili e militari, le scolaresche di Montorio al Vomano e numerosi partigiani.

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Riprese di Vincenzo Cicconi della Pacotvideo.
Il video ha una durata di circa 22 minuti ed è stato pubblicato su quattro canali di video sharing gestiti dalla PacotVideo:
(YouTube - DailyMotion di Virgilio - Vimeo - Blip.TV).

E' stato pubblicato su tre blog anch'essi gestiti da Vincenzo Cicconi della Pacotvideo:

- blog della Città di Teramo
- blog della PacotVideo
- blog di Pensieri Teramani

E' stato pubblicato sulle pagine Facebook:
1 - Produzione Video a Teramo (Abruzzo) - PacotVideo.it di Cicconi Vincenzo
2 - Il blog della città di Teramo e della sua Provincia
e sulle pagine di Google Plus
1 - PacotVideo di Cicconi Vincenzo
2 - La Città di Teramo e la sua Provincia

Infine la pubblicazione del video è stato comunicato attraverso Twitter
1 - PacotVideo di Cicconi Vincenzo
2 - Città di Teramo

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sabato 10 novembre 2012

Roberto Scarpinato al Premio Borsellino 2012


Roberto Scarpinato è Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Caltanissetta.

Nel 1988 si trasferisce alla Procura della Repubblica di Palermo, dove entra a far parte fa parte del pool antimafia collaborando con Giovanni Falcone e con Paolo Borsellino.

Dopo la strage di via D'Amelio, il 19 luglio 1992, è il promotore della rivolta dei sostituti procuratori contro il procuratore capo Piero Giammanco, al quale viene addebitata la responsabilità di avere progressivamente isolato Giovanni Falcone.


Divenuto Procuratore aggiunto, conduce pressanti indagini sui rapporti tra la mafia e la massoneria deviata, sui rapporti tra mafia ed economia e soprattutto sulla cosiddetta “trattativa” tra lo Stato e Cosa Nostra nel periodo delle stragi.

Con uno straordinario sacrificio personale, pagando un prezzo altissimo per il suo impegno in difesa e per la promozione dei valori della legalità tra i tanti processi nel 1996 fa condannare Andreotti per aver avuto rapporti con la mafia sino al 1980, pur se tale reato viene prescritto.

Nel 2005, assume la direzione del Dipartimento mafia-economia che smantella colossali patrimoni illegali, giungendo a sequestrare alla mafia tra il 2008 al 2010 beni per un valore di circa 4 miliardi di euro.

Il suo è anche il nostro concetto di legalità.

Una legalità vera, quella che sta dentro il nome di Paolo Borsellino: non il vuoto legalismo dei benpensanti, il securitarismo che aggredisce i lavavetri ma è connivente con l’illegalità diffusa della politica, chiude gli occhi davanti alle truffe dei potenti e rimane silente e dunque complice davanti ai furti di Stato.



Interpretando il bisogno della collettività che chiede diritti e sente il bisogno di una società fondata sui più alti valori.
Ispirandosi agli stessi principi e agli stessi valori che hanno animato la vita di Paolo Borsellino al dott. Roberto Scarpinato il premio nazionale paolo borsellino 2012



Leonardo Nodari al Premio Borsellino 2012


Nell'anteprima del Premio Borsellino Leonardo Nodari, organizzatore del premio stesso e rappresentante dell'Associazione Società Civile, spiega ai ragazzi delle scuole di Giulianova presenti nella Sala Kursaal cosa andranno a vedere e soprattutto ad ascoltare.

Per trasmettere ai giovani la cultura della legalità è necessario indubbiamente un percorso formativo e informativo, ma è molto utile allo scopo l'esempio e la testimonianza diretta di personaggi 'simbolo' che hanno fatto della legalità il proprio spirito guida e la difesa della legalità la propria missione.

Il premio vuole rendere partecipi delle esperienze vissute in prima persona da cittadini italiani che si sono distinti proprio nel rispetto e nella difesa della legalità

martedì 25 settembre 2012

69° Anniversario Battaglia di Bosco Martese


Il 25 settembre 2012 in località Ceppo l’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia, in collaborazione con la Provincia di Teramo e il Comune di Rocca S.Maria, ha celebrato il 69° Anniversario della Battaglia di Bosco Martese, la prima battaglia campale della Resistenza italiana.
Un numeroso gruppo di partecipanti ha sfilato in corteo dal piazzale del Ceppo fino al Monumento al Partigiano, nel Bosco Martese.

Dopo la deposizione di una corona d’alloro Mirko De Berardinis, Segretario Provinciale dell’ANPI di Teramo, ha dato inizio alla commemorazione della Battaglia di Bosco Martese.

Sono intervenuti:
Mario De Nigris, comandante partigiano,
Michele Arcaini, partigiano che ha combattuto la Battaglia di Bosco Martese,
Stefania Guerrieri, Sindaco di Rocca Santa Maria (TE),
Mauro Martino, Presidente Consiglio Provinciale di Teramo
Antonio Topitti, Presidente Sezione ANPI "M.Mobili" di Teramo,
Antonio Franchi, Senatore e Presidente Provinciale ANPI Teramo.

Oltre ai famigliari delle vittime, alle Autorità civili e militari, alle Associazioni combattentistiche e d'Arma e diversi partigiani all raduno hanno partecipato oltre 300 ragazzi in rappresentanza delle scuole di tutto il territorio provinciale, dalla costa all’entroterra.

Il 69esimo anniversario è stato dedicato alla memoria del capitano dei carabinieri Ettore Bianco che fu alla guida della formazione dei 1.600 partigiani che diedero vita alla battaglia di Bosco Martese.

CRONISTORIA DELLA BATTAGLIA DI BOSCO MARTESE

A 40 km da Teramo, al termine della strada del Ceppo nel Comune di Rocca Santa Maria, a 1400 metri di altitudine c'è Bosco Martese, immerso tra i Monti della Laga della Provincia di Teramo.
Il 25 settembre 1943, la località di Bosco Martese fu teatro della prima battaglia in campo aperto della Resistenza Italiana contro i nazisti.

Già dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943 si erano concentrati nella zona nuclei dell'esercito guidati da numerosi ufficiali fra i quali il tenente colonnello Guido Taraschi e i Capitani Gelasio Adamoli e Giovanni Lorenzini.

Numerosi furono i giovani teramani che salirono a Bosco Martese, tra i quali noti antifascisti teramani come Mario Capuani ed Ercole Vincenzo Orsini (Medaglie D'oro della Resistenza), i fratelli Rodomonti e Ammazzalorso e gruppi di militari inglesi e jugoslavi sfuggiti alla prigionia dei tedeschi.

Nel giro di pochi giorni si radunarono a Bosco Martese circa 1600 uomini tra militari e popolo, comandati dal Capitano dell'Arma dei Carabinieri Ettore Bianco ed uniti da un comune sentimento di antifascismo ed indipendenza nazionale.

La casa cantoniera del Ceppo, presente ancora oggi, divenne sede del Comando Partigiano.

Il comando tedesco, non appena informato della concentrazione di forza partigiane sull'Appennino teramano, il 25 settembre 1943 inviò verso Bosco Martese un battaglione di truppe d'assalto motorizzate.

Lungo il tragitto i tedeschi catturarono presso il Mulino De Jacobis un gruppo di cinque giovani partigiani, che utilizzarono inizialmente come scudi umani, a protezione della colonna motorizzata.

Prima dell'arrivo a Bosco Martese furono barbaramente fucilati: Luigi De Iacobis, mugnaio; Guido Belloni, falegname; Mario Lanciaprima, impiegato di banca; Gabriele Melozzi, contadino; Guido Palucci, falegname, portiere della Teramo Calcio.

Poco dopo, la Battaglia partigiana divampò contro le truppe tedesche e l'intero battaglione fu neutralizzato sotto un potente schieramento armato.
Ai tedeschi non restò altra soluzione che la ritirata.

Nelle ore successive, tentarono un secondo attacco ma lo sbarramento partigiano riuscì a fermare l'avanzata nemica.

Sconfitti sul piano militare i tedeschi ricorsero all'arma del terrore e della rappresaglia: fu presentata al Prefetto e al Podestà di Teramo la minaccia di bombardare e radere al suolo l'intera Città, con la fucilazione di 100 ostaggi per ogni tedesco ucciso, se la formazione di Bosco Martese non si fosse arresa.

La rappresaglia colpì barbaramente militari ed antifascisti.
Il 26 settembre 1943 i tedeschi arrestarono tre carabinieri della Stazione di Pascellata di Valle Castellana (TE) ed un alpino, con l'accusa di complicità nei confronti dei partigiani.
I tre militari dell'Arma dei Carabinieri e l'alpino furono fucilati dai nazisti in località Sella Ciarelli.

Gli antifascisti Mario Capuani ed Ercole Vincenzo Orsini furono catturati ed uccisi senza processo.

La notizia della Battaglia di Bosco Martese fu diffusa da Radio Bari e da Radio Londra e segnò la storia come la prima Battaglia in campo aperto della Resistenza Italiana.

Pertanto, per questa lunga storia di lotta per la Libertà con sacrifici di Partigiani e civili, il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, conferì nel 2005, la Medaglia d'Oro per la Resistenza al labaro della Provincia di Teramo.


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Riprese di Vincenzo Cicconi della Pacotvideo.
Il video ha una durata di circa 22 minuti ed è stato pubblicato su quattro canali di video sharing gestiti dalla PacotVideo:
(YouTube - DailyMotion di Virgilio - Vimeo - Blip.TV).

E' stato pubblicato su tre blog anch'essi gestiti da Vincenzo Cicconi della Pacotvideo:

- blog della Città di Teramo
- blog della PacotVideo
- blog di Pensieri Teramani

E' stato pubblicato sulle pagine Facebook:
1 - Produzione Video a Teramo (Abruzzo) - PacotVideo.it di Cicconi Vincenzo
2 - Il blog della città di Teramo e della sua Provincia
e sulle pagine di Google Plus
1 - PacotVideo di Cicconi Vincenzo
2 - La Città di Teramo e la sua Provincia

Infine la pubblicazione del video è stato comunicato attraverso Twitter
1 - PacotVideo di Cicconi Vincenzo
2 - Città di Teramo

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giovedì 2 agosto 2012

Villa Popolo e la chiesa di San Bartolomeo

Nella splendida risalita del Vezzola arriviamo alle porte di Villa Popolo e scopriamo cose interessanti sul paese.

Era questo un borgo molto frequentato negli anni ’50 e ’60, che raggruppava in realtà tre plessi: Popolo bassa, Popolo alta, Villa Torre, l’attuale abitato.


Nei due villaggi La Bassa e L’Alta dimoravano perlopiù contadini, gente per bene ma molto povera.
A quei tempi le famiglie ricche si contavano sulle punta delle dita.

I più vecchi ricordano i Guerrieri, i Merlini, i Santarelli, signorotti del luogo che davano comunque lavoro alla povera gente, grazie alla raccolta dei pomodori, delle olive e dell’uccisione del maiale.
Chi aveva un maiale entrava di diritto nel novero dei ricchi!

Molti contadini venivano impiegati come “bifolchi”.

Questo termine oggi usato per disprezzo, a quei tempi era sinonimo di figura di primo piano come ha ricordato Sgattoni in un suo libro: addetto alle stalle, guidava i buoi a lavoro, seguiva fiere e mercati per il suo padrone e presiedeva a tutti i lavori della campagna.

Qui, nell’odierna Villa Popolo c’è la splendida San Bartolomeo che custodisce singolari bellezze.

Vi si accede attraverso un porticato con cancelletto in ferro battuto.

Notiamo il piccolo campanile con le due campane di media grandezza.

Qui, come altrove le campane rivestivano grande importanza; il tempo passava scandito dal ritmo delle stagioni, dall’avvicendarsi dei giorni e delle notti, accompagnato dal suono delle campane che chiamavano a lavoro o alla preghiera, annunciando anche fatti di vita sociale, come battesimi, nozze, funerali.

In chiesa colpisce il soffitto recante più di cento dipinti messi sorprendentemente tra le travi ornate che sorreggono il tetto, in un’opera unica datata 1684.

La ricchezza inaspettata dell’opera, in un borgo così isolato, stordisce l’animo di chi la visita per la prima volta.

Cinque campate che rappresentano San Bartolomeo con, a lato, dodici martiri e a destra la Crocifissione con Angeli recanti i simboli della Passione.

A seguire l’Onnipotente e i dodici Profeti, l’Immacolata e i Santi Martiri e al centro il Cristo finalmente risorto con una schiera di angeli festanti.

Un antichissimo confessionale in legno e, sull’altare, una statua del Santo recante un libro sul quale è incisa una scritta che invita a rinunciare alle cose terrene, rubano ancora l’attenzione estasiata di chi vi scrive.
Della chiesa è singolare la disposizione delle finestre, messe lì in un modo che sembra causale ma che invece segue un ordine ben preciso.


Di essa si parla in due bolle papali, la prima emanata da papa Clemente IV nel 1267 e la seconda, risalente al 1327, ad opera del pontefice Giovanni XXIII°.

Altro riferimento storico e la data 1684 impressa sul muro esterno della chiesa.

Il soffitto della chiesa è decorato con mattonelle di maiolica dipinte in maniera similare a quello della chiesetta di San Donato nei pressi di Castelli.

La chiesetta di San Bartolomeo è formata da un'aula unica coperta da un tetto a capriate che si prolunga nella parte anteriore formando una specie di tettoia sostenuta da due pilastri angolari di mattoni.
Ha due ingressi, uno sulla facciata (sotto la tettoia) e uno laterale.

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Articolo redatto da Sergio Scacchia, autore tra l'altro di tre libri:
"Silenzi di Pietra" e "Il mio Ararat" e "Abruzzo nel cuore".

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