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sabato 7 gennaio 2012

San Tommaso Beckett - Il linguaggio della fede

La campana alle nove del mattino, chiama i fedeli a raccolta.
La monumentale chiesa, a pochi tornanti da Caramanico Terme, in provincia di Pescara e nel cuore del Parco Nazionale della Majella, è dedicata all’arcivescovo di Canterbury, San Tommaso Beckett, assassinato nel 1170 mentre celebrava una funzione religiosa.

L’abito pontificale si arrossì del suo sangue innocente sparso a causa dell’eterna lotta tra la Corona inglese e la Santa Romana Chiesa.
Tre anni dopo, lo sventurato fu santificato da Santa Romana Chiesa.

In verità per lungo tempo si è stati convinti che la chiesa fosse intitolata all’apostolo Tommaso le cui ossa riposano in Ortona”, a parlare è il curato di campagna che officia messa e cura le anime del paese di Salle, pochi tornanti dall’affascinante castello a picco sulle gole dell’Orta .

Qualcuno addirittura pensava a San Tommaso d’Aquino…”.

In verità sono in pochi a conoscere questo santo d’Inghilterra.
Grazie ad un altrettanto sconosciuto abate di Casauria, tal Leonate, il culto per Tommaso arrivò, nell’antichissimo cenobio benedettino, dopo aver raggiunto Subiaco, Bucchianico e giù, nel tacco d’Italia, fino a Monreale in Sicilia.

Chiacchieriamo con il sacerdote davanti al bellissimo portale maggiore, sormontato da un architrave che reca scolpite a tutto tondo, le figure di Cristo e degli apostoli.

Innumerevoli sono i simbolismi sulla facciata.
Il bellissimo Fiore della Vita, che si ricollega a una tradizione cara ai Templari è scolpito su di una pietra della finestra nell’abside esterna e due sono i fiori “accoppiati” in un cerchio, incisi misteriosamente.

I Templari ebbero vasta diffusione in Abruzzo, perchè il loro fondatore, Ugo di Pagani, pur essendo lucano di nascita, contava numerosi feudi nella nostra regione come Moscufo, Spoltore, S. Valentino, Vicoli, Villanova.

Gli uomini rosso- crociati di Dio abruzzesi, ereditarono conventi abbandonati dai benedettini.

Contro il cielo, il profilo tozzo della montagna del Morrone, forma una magica geografia di cupole d’erba.
Qui, come pochi altri posti in Abruzzo, il legame tra la terra e l’uomo sembra essere più felice.

In lontananza, la montagna madre disegna un paesaggio aspro, ricoperto di boschi e solcato da gole selvagge, in cui si celano misteriose grotte, meta preferita degli eremiti in tempi andati.
Gorgoglia, sotto i piloni di un immane ponte, il fiume Orta.

I simboli sono ovunque, dentro e sotto le pietre.

Eppure quello che forse conta di più non sono i tesori architettonici ma quello che è stato loro attribuito nel corso dei secoli.
Anni fa, il rinvenimento di bronzetti raffiguranti il dio Ercole, la divinità dalla forza prorompente, custode delle sorgenti e nume tutelare dei pastori, suggerì l’ipotesi fantasiosa che in questo sito ci fosse, nella notte dei tempi, un’area di culto importante.

L’utilizzo delle fondamenta di un preesistente edificio sacro, probabilmente legato al culto delle acque, come sembra attestare la cripta e il pozzo arcaico di acqua sorgiva, ancora oggi determina manifestazioni di credenze popolari tra religione e superstizione.

Un primo tempio fu fatto edificare in questo luogo, nel 45 d.C. in seguito all’apparizione degli arcangeli Michele, Gabriele e Raffaele.

Di certo, la chiesa attuale risale alla seconda metà del XII secolo e la costruzione è attribuita alle maestranze di San Clemente a Casauria.
Un’iscrizione, posta sul portale sinistro, testimonierebbe comunque la conclusione dell’edificazione nel 1202.

Tre navate di aspetto basilicale che conservano alcune pitture di epoca duecentesca che rimandano ai temi bizantini della bella Santa Maria ad Criptas nelle vicinanze di Fossa dell’Aquila.

Ai lati dei gradini che conducono al presbiterio, si ammirano due leoni di bella fattura risalente al periodo romanico.

E’ visibile anche, un bel crocefisso risalente al XV secolo.
Tra gli austeri pilastri, un esile e stravagante monolito transennato!
Il parroco racconta che il mito della fertilità pian piano si è trasmesso dalle bestie agli esseri umani.

La cosiddetta “Colonna Santa” che poggia su di una sproporzionata zoccolatura ed è sormontata da un enorme capitello altrettanto sproporzionato, ornato da palmette e tralci serpeggianti, avrebbe proprietà risanatrici.

Unica nel repertorio della plastica medievale, la colonna ha avuto nei secoli una forte presa sulla fede popolare, che la vuole portata sul posto da un angelo e che ne ha fatto oggetto di devoti strofinamenti.
L'assottigliamento nella parte inferiore dovuta anche al fatto che spesso erano asportati souvenir di pietra, ha costretto la Sovrintendenza a transennare il manufatto.

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Articolo redatto da Sergio Scacchia, autore tra l'altro di tre libri:
"Silenzi di Pietra" e "Il mio Ararat" e "Abruzzo nel cuore".

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