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domenica 26 aprile 2015

La cittadella scomparsa a Teramo!

La pioggia, caduta giù da nuvoloni lunghi come sgombri, ha reso piazza Garibaldi a Teramo quasi inguardabile.
Fiumi d’acqua continuano a scendere da viale Crucioli, cozzando contro il cemento dell’Ipogeo.
È come se, avendo perso la storica fontana, ogni slancio cittadino che parte da questo slargo principale sia sopraffatto, generando un rassegnato e neghittoso fatalismo.

Piccoli fiori spontanei rossastri sono spuntati sopra la terra incolta dello scatolone ferrigno che è la fantascientifica costruzione.
Pare scimmiottare il famoso cubo del Louvre di Parigi.

È la futura sala espositiva di una città che purtroppo ignora cosa significhi la parola “museo”.
Basterebbe guardare le presenze che conta la Pinacoteca o il museo archeologico.

L’Ipogeo deve diventare il fiore all'occhiello di una città che mette al primo posto la cultura, fu detto.
Noi siamo in paziente attesa.

Mi torna in mente l’ormai lontano 2008, quando, nel corso degli scavi che furono compiuti al centro di piazza Garibaldi per la costruzione di questa grande sala espositiva, progetto che ripeto ancora non vede la sua fine e vituperato da gran parte della cittadinanza, tornarono sorprendentemente alla luce le antiche pietre di un edificio che gli esperti individuarono come il castello degli Acquaviva.

Gli storici Muzio Muzi e Niccolò Palma nei loro studi, perché a quei tempi si studiava davvero, l’avevano scritto più volte che esisteva proprio in questo luogo, un castello, edificato da Giosia Acquaviva, duca di Atri, nella prima parte del 1400.

La storia ricorda che avvenne proprio allora l’infeudamento di Teramo alla potente famiglia.
Il nobile aveva individuato nella attuale piazza fuori dalle mura nord occidentali della città, dall'accesso di Porta San Giorgio, il luogo ideale dove far sorgere la sua lussuosa residenza.

I locali interni a uso del duca, pare fossero interamente decorati da tessellati pavimentali e da intonaci pregiati.
Tutto era ulteriormente arricchito da affreschi importanti.
Parliamo di un sito molto ricco nel cuore della zona verde dell’abitato teramano, dove c’era un laghetto, diversi animali tra cui volatili rari e un ampio giardino che conferiva all'insieme una veste da reggia preziosa.
Quella che fu edificata, insomma, era una vera e propria cittadella rinascimentale, una sorta di fortilizio con tanto di fossato pieno di acqua e ingressi multipli.
Era un parco urbano oggi completamente perso.

Abbiamo un’insignificante appendice nella villa Comunale in abbandono se si guarda agli alberi e al piccolo stagno, dove galleggiano rifiuti.
Nei locali sotterranei vi erano le carceri, dove erano rinchiusi i numerosi oppositori che non volevano riconoscere il primato degli Acquaviva.
Per molti Teramo, infatti, era una città regia dipendente solo dal Regno di Napoli.

Muzi raccontò anche di sale tortura, dove i biechi sgherri del potente feudatario, carpivano confessioni e costringevano i malcapitati a svelare i nomi di chi tramava contro il potente casato.
Qualche lettore interessato si chiederà se è possibile che di tutto questo non ci sia più traccia alcuna.

E che, anzi a guardare oggi questa piazza, sembra assurdo ciò che è stato scritto dallo scribacchino che leggete.
Eppure è stato così.
Ma, ditemi, come stupirsi, dato che a Teramo e in parte d’Abruzzo, qualsiasi rinvenimento è mucchio di pietre da inciampo che dilatano i tempi per nuove costruzioni?

Fateci caso!
Nonostante il territorio abruzzese sia stato protagonista nell'ultimo quarantennio di rinvenimenti eccezionali per l’archeologia di ogni tempo, le scoperte non hanno quasi mai risonanza fuori dai confini regionali.
Questo accade non solo per scavi che portano alla luce resti di popolazioni italiche della notte dei tempi, ma anche per altre epoche più vicine, a dimostrazione di quanto l’Abruzzo sia stato importante snodo e crocevia territoriale della storia e che questo sia oggi dimenticato completamente.

A Teramo, poi, come ampiamente dimostrato, siamo maestri nel minimizzare le eventuali scoperte, cercando di non renderle visibili e fruibili né ai cittadini, tanto meno ai pochi visitatori che si avventurano dalle nostre parti.



La verità è che siamo incuranti sia delle eventuali vestigia dell’antica Interamnia, sia di un passato più vicino ma comunque da dimenticare.
Alla felicità stupita della scoperta si associa lo sgomento per la consapevolezza che del tempo molti sono incapaci di cogliere con immediatezza la profondità e la ricchezza di un patrimonio archeologico da difendere e far conoscere.
Questo ha portato e porta la politica a una mancata tutela della storia in preda alle inevitabili problematiche derivanti dalle continue trasformazioni del territorio.

In città esistono esempi clamorosi come la dimenticata domus romana di via del Baluardo, la sconosciuta casa mosaicata di Bacco in via dei Mille o il famoso mosaico del Leone tutti inaccessibili ai nostri occhi.
Se ci spostiamo in periferia il parco archeologico della Cona e l’importante Via sacra degli Interamniti è preda di palazzi costruiti o in costruzione.
Perché stupirci?

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Articolo di Sergio Scacchia pubblicato sul blog Paesaggio Teramano collegato alla rivista omonima.
Sul blog "Paesaggio Teramano" possibilità di visionare o fare il download dei numeri della rivista già pubblicati.
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sabato 4 aprile 2015

Il mondo sarà salvato dalla bellezza: Santa Maria dello Splendore.

Il silenzio è la prima presenza che si avverte.
Un silenzio antico, uguale ormai da secoli.
E dire che il caos di Giulianova è lì, a pochi passi.
Un silenzio mistico, scheggiato solo a tratti dall'abbaiare di un cane.

Il santuario della Madonna dello Splendore sembra dominare l’immensità dell’Adriatico, in un ambiente fortemente coinvolgente dove la bellezza della natura si fonde con la rasserenante beltà della fede in Dio e nella Madre del Cristo.
Poco importa se il miracolo dell’apparizione della Vergine è una delle miriadi di tradizioni orali tramandate dall'immensa devozione popolare, nessuna delle quali, secondo gli scettici, suffragate da indagini accurate.

Il santuario con l’annesso convento dei frati Minori Cappuccini, è ancora oggi una sorta di finestra che si apre sul mistero divino. Una guida spirituale non solo per la comunità giuliese, ma per tutto l’Abruzzo.

“Il mondo sarà salvato dalla bellezza…”, lo affermava Dostoevskij in un celebre passo de L’idiota.
Che la bellezza possa quanto meno contribuire alla salvezza dell’universo sembra certezza in questi luoghi dello Spirito.

La porta della vecchia chiesa, cigola.
Dall'interno mi assale una zaffata di odori conosciuti e non, l’aroma tranquillizzante dell’incenso, il puzzo inquietante di lisoformio.
Un triangolo con un occhio grande e la scritta: “Dio ti vede”, campeggiano su di una rivista religiosa poggiata sul primo banco.

Potrebbe sembrare un messaggio inquietante, ma al contrario, cosa c’è di più bello e rassicurante che camminare e vivere sotto lo sguardo amorevole di Dio?
Mi tornano alla mente le parole della Bibbia: “anche se tua madre ti dimenticasse, io non ti dimenticherò mai!”.

All'interno del santuario della Madonna dello Splendore, pare ancora di vedere il saio usurato di Padre Serafino, col suo passo incerto, l’impietosa sordità causa di una meningite giovanile, la barba bianca, intento in preghiera.
Vecchio, sordo, malconcio diceva spesso di sé, con un tenerissimo sorriso.
Un giorno, in un incontro con noi appartenenti al Terz’Ordine dei frati minori di Teramo, disse "Vorrei essere una semplice pozzanghera per riflettere il cielo.
Ma non ci riesco.
Troverò prima o poi la strada?"

Il piccolo frate era l’anima di questo paradiso spirituale in terra, il vero miracolo di un uomo malconcio che ha realizzato due musei, altrettante biblioteche e azioni sociali fra cui La Piccola Opera Charitas, inaugurata nel 1962 con pochi soldi, molti debiti, qualche speranza dettata dalla fede incrollabile nella Provvidenza.


E Dio non ha mancato all'appuntamento dato che oggi il centro è un enorme complesso in grado di ospitare e seguire adeguatamente centinaia di ragazzi affetti da gravi patologie psichiche.
Bellissime all'interno della chiesa le decorazioni dell’artista Giuliano Alfonso Tentarelli con scene della vita della Madonna e il Tabernacolo, realizzato nel ‘700 da allievi della scuola di Fra Michele Simone da Petrella che ideò molti degli altari e dei tabernacoli delle chiese dei Cappuccini d’Abruzzo.
L’evento dell’apparizione della Madonna, scrivevo poche righe sopra, un miracolo che affonderebbe le sue radici nel 1557.

Il santuario della Madonna dello Splendore, costruito sul luogo dove la Vergine ha fatto scaturire la Sorgente su una collina a cento metri dal livello del mare, fuori dal centro storico, si colloca tra le sette oasi mariane più importanti d’Italia e si propone con una grande forza evocativa.
E’ il simbolo della freschezza e della vitalità di una città di mare, bella, ricca, suggestiva, turistica.

La storia dell’apparizione lega il territorio giuliese con quello rosetano, in un mistico gemellaggio dato che Bertolino, l’uomo che assistette al prodigio, aveva casa nei pressi di Cologna paese.
Il contadino si trovava lì per trovar legna e mentre riposava sotto una pianta di ulivo, fu abbagliato dalla luce prodigiosa della Madonna.
La Madre di Dio aveva scelto questo posto per sua dimora e chiedeva allo sbalordito villico di far costruire un santuario mariano.
Il povero ometto ebbe il suo daffare per essere credibile davanti al governatore, amministratore feudale di nomina ducale, il quale credeva di avere di fronte una sorta di demente.

La tradizione narra che ci vollero ulteriori prodigi per convincere notabili arciprete, canonici, il preposto dell’Annunziata e il popolo tutto della volontà divina.
Sul luogo indicato dalla Madonna, venne costruito un piccolo Tempio.

La presenza dell’acqua, dono vivo di un immenso amore, continua da circa cinque secoli a vivificare il cammino della vita di tante generazioni

Sotto le vasche di raccolta dell’acqua, è stato realizzato un bassorilievo in marmo, che rappresenta l’acqua, simbolo di vita, che disseta i cervi e le colombe, simboli di pace.


Sul lato del bassorilievo è stata rappresentata una processione di fedeli sulle rive del
Fiume Giordano, e si conclude con il Battesimo di Gesù.
Sopra le vasche, un mosaico policromo illustra in quattro scene il miracolo di
Naam che, bagnatosi nelle acque del fiume Giordano, venne risanato dalla lebbra.
L’acqua che esce a getto continuo, dalle vasche di raccolta, cade in una
piccola piscina ricoperta di mosaici.

Sotto l’arco di travertino, a grandezza naturale, è stata realizzata una statua di
bronzo di San Francesco con le braccia elevate che rende gloria al Creatore
eterno con le parole del Cantico delle Creature:
“Laudato sie, mi’ Signore, per sora acqua, la quale è molto utile et umile et pretiosa et casta”.

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Articolo di Sergio Scacchia pubblicato sul blog Paesaggio Teramano collegato alla rivista omonima.
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