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giovedì 28 febbraio 2013

Gemellaggio con il blog www.PaesaggioTeramano.Blogspot.it


Chi lo desidera può visionare la rivista in *pdf  cliccando sulla immagine:



oppure fare il download dello stesso *pdf cliccando sull'immagine di riferimento.




Gli articoli inseriti nella rivista sono redatti da Sergio Scacchia, autore tra l'altro di tre libri:
"Silenzi di Pietra" e "Il mio Ararat" e "Abruzzo nel cuore".

Tutti gli articoli sono condivisi su Facebook nella bacheca di Sergio Scacchia e nella pagina "Il Mio Ararat" e su Google Plus.

Gli articoli sono inoltre pubblicati da Vincenzo Cicconi della PacotVideo , tra l'altro gestore di questo blog, su:
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Un volo d’aquila sulla città di Teramo e il suo territorio tra montagne, mare, foreste, colline, borghi, opere d’arte per disegnare l’immagine più limpida di un territorio.
Infinite suggestioni da cercare e vivere.

L’Abruzzo teramano è nato quasi da un ordine cartesiano, che ti culla spingendo un’altalena di emozioni, sentimenti, che ti afferra per mano accompagnandoti lì dove puoi perderti nella bellezza.

Perché nel teramano è la bellezza, il filo che lega strettamente storia e tradizione.

Silenzi di pietra!

Qualche anno fa, stavo facendo una lunga camminata in cresta su Peschio Palombo, una cima magnifica, poco conosciuta dei monti della Laga, nella parte più profonda del nostro Parco, che s’innalza regalando brividi di esposizioni ardite sul ripido.

Fermandomi ad asciugare il sudore, gli occhi caddero in fondo alla valle.

Davanti a me un territorio tutto da scoprire.
Terra di alta montagna, terra di contadini e pastori, isolata e vivente di produzione propria.

Per la maggioranza degli umani, nessun motivo per trascinarsi fin qua.
Azione assurda, anche inutile, scoprire i recessi di una terra dimenticata da Dio.

Ma, fu allora che fui preso dal desiderio di conoscere le storie raccontate dalle pietre e dal vento, fu in quel momento che ebbi la certezza che gli uomini duri e forti che popolavano quest’Abruzzo minore, erano eroi aggrappati alla montagna, che conquistavano giorno per giorno la loro esistenza senza garanzie e sicurezze.

Guardai dall’alto della cima e, negli occhi rimasero i colori, il ricordo più vivo, indelebile: i fiori abbarbicati alle rocce, il verde dei pascoli in basso, il cielo azzurro, tutto era magia.

Perché la magia esiste su queste montagne.
La stavo percependo dall’alto di quel picco roccioso, con forza, con tutti i sensi, tra gli infiniti crinali di pietra, tra il ruggito del vento e le macchie bianche delle pecore.

Una magia ipnotica che costringeva a trovare alternative alla certezza della vita.

Era la quotidianità che incontrava lo straordinario.

La magia di quelle montagne invadeva ogni cellula del corpo e della mente, come una malattia incurabile, inesorabile che non dà certezza di cura.

Il giorno dopo, domenica, io, con la mia immancabile tenda e l’amico di mille escursioni, Massimo, eravamo accampati di fianco allo scheletro di un ghost town, uno dei tanti borghi abbandonati di questi stupendi monti.

L’insieme di case in rovina, simile ad un alveare, quelle vecchie abitazioni senza tetto, corrose dal tempo e da vento e pioggia, con la loro piccola chiesa dal campanile crollato che soffrivano la vita scomparsa, mi colpirono profondamente.

Nonostante fosse un giugno con tanto sole, il vento soffiava con una brutalità selvaggia, tra le carcasse di quelle vecchie mura.

Muggiva terribilmente.

Forse fu in quel momento che maturai l’idea di scrivere questo libro.

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Articolo di Sergio Scacchia pubblicato sul blog Paesaggio Teramano collegato alla rivista omonima.
Sul blog "Paesaggio Teramano" possibilità di visionare o fare il download dei numeri della rivista già pubblicati.
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7° numero della rivista Paesaggio Teramano (1/2013)

Pubblichiamo il nuovo numero di Paesaggio Teramano (N°7 - Primo bimestre 2013).

Cliccando sulla immagine di copertina è possibile prendere visione della rivista in *pdf.
Per effettuare il download cliccare qui di seguito
(Scarica la rivista)

Un numero dedicato ai tanti borghi che costellano le colline del teramano, raggiungibili anche a piedi e in bici.

Paesi che non colpiscono l'immaginario ma che invece sono la parte più genuina della provincia.

Diamo voce nelle nostre pagine a una "Teramo di periferia" a torto immaginata minore ma ricca, al contrario, di storia, natura, arte e vita!

Elenco degli articoli presenti nella rivista

- Teramo: La fantastica banalità della vita di provincia
- La via dei borghi: 12 paesi in pochi chilomentri
- Da Teramo ai confini del regno
- Frunti, il paese che non c'è
- La via dei mulini
- Maria Santissima di Ponte a Porto
- I guerrieri e i turchi di Villa Ripa
- Frondarola: un castello importante alle porte di Teramo
- Nuove idee per recuperare il territorio
- L'antico "stato di Roseto"
- Gli spazi del tempo. Visita all'affascinante museo capitolare di Atri
- Rapino: la parola al piccolo borgo
- Books: I fiori di cicuta del professor Sardella

mercoledì 27 febbraio 2013

Montone: dove “Bucciarello” lasciò il segno.

Un mantello per proteggersi dalle intemperie, un cappello a larghe falde per ripararsi dai raggi del sole e dalla pioggia.

Poi, il lungo bastone nodoso nella parte superiore per facilitare l’appoggio e, ferrato nella parte inferiore per difendersi da lupi e briganti.


Infine, la bisaccia senza alcun lacciolo all’imboccatura, per essere pronta a ricevere ma soprattutto a dare.

Così giunse fin qui nel secolo decimo, uno sparuto gruppo di frati Celestini che poi decise di fondare un convento, bonificando e rinvigorendo la collina.
I chierici erranti pensarono di essere nel posto giusto per erigere un monastero fortificato che dominasse l’immensa valle solcata dai fiumi Tordino e Salinello.

Montone, a pochi chilometri da Mosciano S. Angelo, oggi si offre agli ignari visitatori che magari s’imbattono per sbaglio in questo gioiello, come un piccolo presepe fuori dal tempo donando l’immediata percezione di essere ormeggiati nel cuore della parte più vera della Provincia teramana.

Il borgo medioevale occupa ancora una collina di sopra di una terrazza dall’invidiabile posizione a balcone sul mare e le aspre vette del Gran Sasso.
La campagna offre al visitatore un colpo d’occhio incredibilmente bello.

Si dovrebbe salire fin quassù in ogni stagione per fotografare gli incredibili mutamenti che i campi subiscono durante le varie fasi dell’anno.

Il piccolo insediamento spirituale dei Celestini mutò in seguito, in un “castrum” fortilizio con mura perimetrali e unica strada di accesso, fin su dove oggi è ancora visibile il vecchio maschio con la torre campanaria della chiesina dedicata a
S. Antonio, tratti di cinta muraria e un bastione di mattoni e ciottoli con merli a sud ovest che guarda verso la Vibrata e scorge l’abitato di Nereto.

Il borgo, poi, nel 1300 fu Ducato degli Acquaviva di Atri e le mura fortificate furono intervallate da ben sette torri e mura.

È, in breve, la storia di un borgo oggi animato da circa ottomila abitanti.

Storia che si tinge di romanticismo con la vicenda di Bucciarello.

L’uomo, ufficiale al servizio del conte di Conversano, Antonio Acquaviva, commissionò un sarcofago in pietra e stile gotico, opera bellissima di un artista locale per contenere le spoglie dell’amata moglie, morta prematuramente.

Anni dopo l’uomo fece erigere una chiesa dedicata a San Giacomo che oggi, restaurata, impreziosisce il piccolo abitato.

Il sarcofago è sorretto da cinque colonnine, con leoni stilizzati ed è impreziosito da un bassorilievo con l'Agnus Dei e figure di angioletti.
Oggi la preziosa opera si trova nella Chiesa di S. Antonio Abate dove è ospitato anche un bel gruppo scultoreo con l'Immacolata, S.Antonio e San Camillo ai lati sull'altare maggiore e due dipinti con la Natività e la Sacra Famiglia.

Sul finire dell’inverno la luce gelida e pura inebria, vivida, i colori.
Lo sguardo spazia verso le dorsali che separano le valli dal mare e si perde nel cielo. Si riscopre nella natura, in quel contrasto tra l’azzurro cobalto e la pennellata candida di neve che orla le cime del gigante Gran Sasso, la radice della bicromia essenziale che stregò quei frati giunti fin qui.

Sembra di essere protagonisti in una pennellata larga che marca indelebilmente l’immaginaria linea dell’orizzonte, quasi spaccando in due il mondo creato dall’Altissimo.

Montone è una piccola ruga incastonata tra colline verdi, custode di un prezioso patrimonio di storia e di cultura.

In mezzo a zolle ruvide, tra poggi e declivi, gli occhi sono colpiti dal colore dell’Adriatico, in basso a fine valle.

Un turchino intenso che in inverno diventa cupo e minaccioso.
Penso che la natura sia stata particolarmente generosa per quest’ angolo di territorio che offre sensazioni dimenticate e porta a scoprire in mezzo a distese di girasoli e vigneti, ginestre e fasci di alloro, stradine secondarie ricche di piccole storie agreste dove regnano pace e silenzio.

La piazzetta del Belvedere vibra di domenica al chiacchiericcio degli anziani al bar.
Uno di essi, sorseggiando un grappino, racconta storie affascinanti.

Come quando la raccolta dell’olivo regalò negli anni 50, una stagione incredibile. Quintali di olio, racconta il vecchio, che in paese non si sapeva dove mettere.
Degli improvvidi vollero trasportarlo in un fondaco vicino e, durante il trasbordo, un otre si ruppe rovesciando litri di olio.

Mentre le donne giovani volevano recuperare il possibile, la più anziana del paese, quasi cento anni, urlò di non toccare niente.
Quel liquido era maledetto e per due anni il raccolto sarebbe stato nullo, sentenziò greve.
Non fu ascoltata!
Ebbene, il mio interlocutore giura che accadde tutto ciò.
I due raccolti successivi furono quasi nulli a causa di grandinate terribili e venti da borea che sconvolsero il territorio.
Era superstizione o cosa?

Oggi Montone, come afferma la Pro Loco, è l’espressione più viva di un curioso e attento turismo culturale che va a braccetto con l’economia locale fatta di agricoltura in un’aura di malinconia costruttiva per un’epoca rurale che qui ancora vive.
Da queste attenzioni verso le origini nascono iniziative come la sagra del vino e dell’olio d’autore, la castagnata, la favata, allo scopo di valorizzare la cultura della terra, rinsaldando i legami della collettività.

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Articolo di Sergio Scacchia pubblicato sul blog Paesaggio Teramano collegato alla rivista omonima.
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martedì 26 febbraio 2013

Provincia e Comune di Teramo si scoprono grilline. Boom del Movimento 5 Stelle


Spulciando i dati pubblicati sul sito della Prefettura di Teramo si evince che Beppe Grillo e il Movimento 5 Stelle è di gran lunga il primo partito nella Provincia e in 33 Comuni, compreso la città di Teramo

PROVINCIA di TERAMO - CAMERA
32,07% Movimento 5 Stelle
21,37% PDL
21,16% PD
6,32% Lista Civica - Monti

PROVINCIA di TERAMO - SENATO
31,09% Movimento 5 Stelle
23,65% PD
22,47% PDL
7,14% Lista Civica - Monti

COMUNE di TERAMO - CAMERA
28,35% Movimento 5 Stelle
20,02% PD
19,93% PDL
6,66% Lista Civica - Monti

COMUNE di TERAMO - SENATO
28,21% Movimento 5 Stelle
23,89% PD
21,07% PDL
7,84% Lista Civica - Monti



Tutti i COMUNI della PROVINCIA di TERAMO - CAMERA
Su un totale di 47 comuni nella Privincia di Teramo:

in 33 comuni Movimento 5 Stelle è il primo partito
Alba Adriatica - Ancarano - Atri - Basciano - Bellante - Campli Castellalto - Castelli
Castiglione Messer Raimondo - Castilenti - Cellino Attanasio - Cermignano
Civitella del Tronto - Colledara - Colonnella - Controguerra - Corropoli - Fano
Giulianova - Isola del Gran Sasso - Martinsicuro - Morro D'Oro
Mosciano Sant'Angelo - Nereto - Penna Sant'Andrea - Pineto Roseto degli Abruzzi
Sant'Omero - Silvi - Teramo - Torano Nuovo - Torricella Sicura - Tortoreto

in 8 comuni PDL primo partito
Bisenti - Canzano - Cortino - Crognaleto - Montefino - Rocca Santa Maria
Sant'Egidio alla Vibrata - Valle Castellana

in 5 comuni PD primo partito
Arsita - Castel Castagna - Fano - Montorio - Tossicia

Singolare il caso di Pietracamela dove Movimento 5 Stelle e PDL sono primi ex aequo

Teramo, nel cuore del Paradiso!

Teramo è una città millenaria dove ogni epoca storica e ogni stile, dal romanico al medievale, dal rinascimento al barocco e al neo classico, è ben rappresentata.

Credo però che il grande tesoro della città aprutina sia la natura.


Le due foto svelano, a chi non conosce la nostra città, la felice posizione geografica.

Gli scatti aiutano a capire perchè i teramani riescano a fondere insieme la forza della roccia e la smisurata ospitalità del mare.

Siamo protetti da una spalliera montuosa che parte dal Gran Sasso e arriva fino al Gorzano dei monti della Laga.

Abbiamo le vette più alte degli Appennini a portata di chilometri.

Nello stesso giorno possiamo godere delle nevi e poi della sabbia dell'Adriatico!

Non è da tutti!

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lunedì 25 febbraio 2013

L'alterità attraente!

Ai piedi dei due Corni, dell’Intermesoli e del Corvo, tra pietraie dure e assolate, in mezzo a paesaggi grandiosi è nato il mio amore per la montagna, direi di più, per il creato e il suo Creatore.

In vetta ci andavo da piccolo, trascinato fin su da uno zio camminatore che appena poteva scappava dal traffico, dal rumore e dallo smog di Teramo e si rifugiava in mezzo a questi ambienti straordinari in cerca di pace in alto sul mondo.

Mentre leggeva un brano di un libro a voce stentorea per farmi sentire, io esploravo, perlustravo le pietre, osservavo alpinisti che salivano su cime vicine e che presto sparivano ai miei occhi.

Mi chiedevo dove andavano e coltivavo così il mio desiderio spasmodico di scoprire il mondo e viaggiare.

Ho sempre pensato che la montagna sia il luogo dell’alterità, il posto magico dove sentirsi piccoli e umili di fronte alla grandiosità di un Dio artista che nei suoi scenari sconfinati, intende farci sentire piccoli dentro.

Certo, infinitamente piccoli, ma grandi nella considerazione del nostro Signore.

La montagna è bella di una bellezza magnifica ma al tempo stesso è terrorizzante.
È un laboratorio di vita dove conoscere mondi inesplorati a cominciare da noi stessi.
Porta con sé vertigini e paure e la sua dimensione verticale attrae come un magnete l’uomo che vuole superarsi ma che rischia di ridimensionarsi irrimediabilmente.

Ripenso con terrore alle mille volte in cui ho sbagliato strada perché ho letto male la carta IGM, ricordo con fastidio quelle gite in cui ho fatto marcia indietro alla prima difficoltà o alle decine e decine di situazioni in cui ho pensato, in preda a debolezze d’animo, di dover chiamare il soccorso alpino.

Mi dicevo, ecco il dilettante che sei povero stupido che credi di padroneggiare gli elementi.

Poi, molto tempo dopo, ho capito il messaggio che la natura mi inviava e che io non leggevo tra le righe: impara a conoscermi, è il passo fondamentale per amarmi e per rispettarmi.

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domenica 24 febbraio 2013

L'affresco dei pellegrini

Di certo non è rimasto molto di un’opera che doveva essere di effetto strabiliante.

Un’intera facciata rivestita di affreschi può donare ulteriore grandiosità all’ingresso di una chiesa monumentale come quella di San Francesco, oggi sant’Antonio, in Teramo.


In questo tempio romanico gotico, eretto nel 1227, ampliato un secolo dopo e ritenuto una delle più grandi espressioni dell’arte francescana in Abruzzo, sono terminati i lavori di restauro di quel poco che resta di pitture a fresco.

Ornavano i lati del pregevole portale che ha similitudini con quelli della cattedrale di Atri e del complesso monastico di Santa Maria di Propezzano in Morro d’Oro.

Il ciclo d’interventi sul portale prima e sulla facciata dopo, è stato commissionato dalla parrocchia di don Paolo Di Mattia con un contributo della Fondazione Tercas.

I lavori li hanno compiuti la ditta KoRe di Emilia Ippoliti e Irma Camaioni, sotto l’egida della Soprintendenza ai Beni storici d’Abruzzo e con la direzione tecnica di cantiere dell’architetto Daniele Machetti.

Da oggi avremo un motivo in più per osservare l’ingresso della chiesa.
Oltre ad ammirare il fantastico uccello scolpito in mezzo alle foglie dei capitelli di sinistra del portale e i due volatili al centro e a monte della lunetta e sotto la chiave di volta, potremo godere di piccoli pezzi di affresco, chiudere gli occhi e immaginare quella grande parete sul lato destro, completamente affrescata.

Per l’architetto Machetti l’opera, che divide la chiesa dall’antico convento, sarebbe dedicata a San Cristoforo, francescano doc protettore dei pellegrini la cui storia ha il suo culmine con l’aiuto che diede a un bimbo di una famiglia di viandanti in difficoltà nell’attraversare un fiume.


Portato in braccio dal santo, il piccolo si svelò essere il Cristo in persona che gli preannunziò il suo martirio anni dopo.

Forse la nota più importante però è che la qualità dell’opera, alcuni frammenti che tracciano la figura del santo e del Bambino seduto sulle spalle, riporta con chiarezza alla mano preziosa di Andrea Delitio, uno dei massimi artisti del Quattrocento, nato a Lecce dè Marsi nell’aquilano.
In Abruzzo ha regalato opere eccelse e suoi dipinti su tavola sono sparsi oggi in vari musei degli Stati Uniti.

Basti pensare alla mirabile visione del Coro dei Canonici e del ciclo pittorico presente nel presbiterio della Cattedrale di Atri o agli affreschi che impreziosiscono la facciata di Santa Maria Maggiore in Guardiagrele.

Nessuna prova certa dell’autore, supposizioni sul tema dell’opera, né tantomeno i brandelli, comunque sapientemente restaurati, ci restituiranno i preziosi particolari, però lasciatemi dire che dai resti s’intravede oggi una particolare dolcezza espressiva e una qualità d’esecuzione che fanno bene alla cultura della città.

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sabato 23 febbraio 2013

Taccuini di viaggio

Chissà perché ci trasformiamo in viaggiatori solo quando un aereo, una nave, un treno o un qualunque altro mezzo di trasporto ci recapita il più veloce possibile e con il minor sbattimento, a debita distanza da casa nostra.

Vorremmo andare a migliaia di chilometri, a scoprire mondi diversi che diversi più non sono a causa della globalizzazione selvaggia che martoria le nostre civiltà da anni.

Cerchiamo paesaggi inediti, architetture complesse, facce, odori e sapori che si dimentichino dei nostri sensi annoiati.

Abbiamo bisogno di spostamenti geografici come del pane sulla tavola.

Solo allora ci accorgiamo della terra sotto i nostri piedi che si muove intorno a noi.

E invece, siatene certi, viaggiare è anche a pochi chilometri da casa.

D’altronde se potessimo utilizzare una mappa dei nostri movimenti degli ultimi anni, ci accorgeremmo di usare una percentuale risibile dello spazio a disposizione.

Percorsi uguali per mancanza di tempo, per noia o meglio, pigrizia mentale.
Prima che le diottrie negli occhi e le forze nella gambe scemino, cerchiamo di vivere più possibile la nostra terra.

Esploriamo i luoghi amici con costanza, guardandoli con occhi nuovi, avventurandoci tra mare, colline e montagne, vicine ma a volte inusuali e fuori dalla geografia emozionale del nostro animo.

Visitiamo questi luoghi con la digitale in tasca, la mappa e il taccuino per gli appunti.


Giochiamo a fare i reporter con un buon paio di scarpe e il giusto entusiasmo.

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venerdì 22 febbraio 2013

Chi è Nicola da Guardiagrele?

Nicola da Guardiagrele è l’orafo, scultore più grande che l’Abruzzo, abbia mai ricordato.

Vissuto tra il 1380 e il 1459, ha lasciato all’umanità opere di incredibile bellezza, realizzate soprattutto, in metalli preziosi come argento dorato e con l’utilizzo di bellissimi smalti policromi.

Una produzione sterminata quella dell’orafo : croci professionali, ostensori come quello meraviglioso custodito a Francavilla al Mare del 1413 o quello di Atessa di cinque anni dopo, manufatti in argento sbalzato e dorato, piccole statue argentee, tabernacoli e busti reliquari.

L’opera forse più singolare è custodita nella nostra città di Teramo:
il celebre paliotto d’altare, che il grande artista realizzò tra il 1433 e il 1448.
Trentacinque meravigliose formelle d’argento disposte sopra quattro file di nove ciascuna, accompagnate da ventidue losanghe in smalto traslucido e ventisei triangoli posti lungo la cornice.

Un imponente ciclo cristologico, posto sul fronte dell’altare maggiore dell’interno del Duomo di Teramo, che va dal magnifico momento dell’Annunciazione dell’Angelo a Maria Santissima, alla Pentecoste dove il Signore regala lo Spirito Paraclito.

Raffigurazioni d’incredibile verismo del Cristo Pantocratore, della Vergine sul Trono dopo l’Assunzione al Cielo, dei Santi più grandi con gli Apostoli fino ad arrivare alla formella che sembra non avere scopo nell’insieme, che raffigura il momento delizioso ancorché straziante delle stimmate di San Francesco.

Questa meraviglia fu realizzata per volontà di Giosia d'Acquaviva (feudatario della regina di Napoli Giovanna I) allo scopo di rimpiazzare un altro paliotto d'argento che era di gran valore ed era esposto nei giorni festivi, rubato nel 1416 nel corso dei disordini che seguirono l'ascesa al trono della regina Giovanna II d'Angiò alla morte del fratello Ladislao I d'Angiò.
Uno stupendo capolavoro di oreficeria sacra, da gustare intensamente davanti alla sua lastra di vetro.

Una produzione, quella di Nicola di Andrea Di Pasquale, questo era il suo nome per esteso, creata con uno stile inconfondibile e incredibilmente moderno, nonostante, la sua complessa epoca di passaggio tra il Medioevo e il Rinascimento.

Non dimentichiamo che è una sua opera, l’eccelsa croce professionale esposta nel museo della Basilica romana di San Giovanni in Laterano.
D’altronde l’Abruzzo ha saputo regalare al mondo una tradizione orafa che ha arricchito, per secoli, chiese e cattedrali tra le più importanti e non solo in Italia, dal maestro del quattrocento, cui s’ispirava Nicola, il fiorentino Lorenzo Ghiberti, fino ad arrivare ai grandi orafi del settecento.

La città dell’artista, Guardiagrele posta in posizione incantevole, a picco, nel cuore del dorso sud della Majella, è comunque patria di un’arte che mostra la vitalità abruzzese nella ceramica, nel legno, nella pietra, nei tessuti, nel bronzo.

Borgo di appena duemila anime, esprime il lavoro di fino, di cesello che ancora viene svolto da maestri fabbri, ramai, ricamatrici del famoso merletto della “sedia” con frange fatte di nodi singolari, fino ai gioiellieri, creatori della splendida “Presentosa”.

E’ un monile d’oro a forma di stella da sei a venti punte, che veniva donato dal pastore transumante alla sua donna, prima della partenza con le greggi, verso il Tavoliere delle Puglie.
Nella parte anteriore del gioiello, due piccoli cuori affiancati, indicavano che la fanciulla era una promessa sposa.

Anche nella poesia, il borgo guardiese non ha eguali: ha visto i natali del più grande poeta dialettale della nostra regione, Modesto Della Porta, modesto non solo nel nome, ma anche nelle umili origini e nel mestiere di sarto.

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giovedì 21 febbraio 2013

Il gioiello di Atri

Nel cuore della città d'arte di Atri si erge la splendida Cattedrale di Santa Maria Assunta, con l’ardito campanile dal corpo quadrato.
Il gioiello sacro di Atri è l’armonia della sintesi.
La sua facciata in pietra, la cornice cuspidata, il rosone a dodici raggi, il ricco portale opera trecentesca di Rainaldo, tutto ha un mirabile equilibrio.

Le tre navate al suo interno sono, scandite da archi gotici.
Sulle pareti del coro dei canonici c’è tutta la ricchezza del ciclo pittorico del ‘400 di Andrea De Litio.

Una delle più imponenti opere del Rinascimento abruzzese con pannelli raccontanti episodi della vita di Gesù e Maria, tra Evangelisti, Dottori della Chiesa e Virtù Teologali.
Anni prima, il papa del gran rifiuto, l’anacoreta Celestino V, aveva concesso il privilegio della Porta Santa e delle indulgenze.

Nel trecento fu il feudo degli Acquaviva, che trasformarono l’antica Hatria, in centro amministrativo dei possedimenti, realizzando il palazzo Ducale e le chiese ancora presenti.

Da mecenati furono committenti di opere d’arte d’immenso valore, oggetti di culto e arredi preziosi, tessuti, ceramiche, quadri che oggi rendono pregiate le sale del Museo Capitolare.

Arrivando al belvedere, si viene catapultati nell’infinito in un inferno dantesco che disegna la genesi dei paesaggi argillosi.
E’ l’inedito parco naturale dei calanchi atriani, popolato da rapaci, istrici, volpi, faine.
Dirupi di creste nude avvinti alla vegetazione a fondo valle, che convivono a fatica con il lavoro dell’uomo.
Un ambiente drammatico con spettacolari erosioni, dove potersi regalare escursioni in una natura straordinaria.


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mercoledì 20 febbraio 2013

La piazza dell'antica cattedrale

Nel cuore di Teramo c'è la piazza denominata di S.Anna.
Siamo nell'area più storica dell'antica Petrut!
Qui c'è l'antica cattedrale di Santa Maria Aprutiensis, oggi dedicata alla madre della Vergine Maria,Sant'Anna e prima a San Getulio. Il piccolo tempio fu eretto sui ruderi di una sontuosa domus romana, i cui resti sono visitabili.
Poco lontano si può ammirare il capolavoro del Mosaico del Leone nel palazzo Savini, emblema della storia archeologica di Teramo
Accanto alla chiesa si vede la piccola e monumentale Torre bruciata da cui il nome del quartiere e della via.
Teramo fu incendiata nel secolo XII dal ribelle conte di Loretello, il barbaro che cercò senza riuscirvi di rubare il regno al re Guglielmo I che lo sconfisse un anno dopo rovinosamente!

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martedì 19 febbraio 2013

Arsita: la terra del Bacucco!

“C’è un paese che non morirà mai. È quello dell’anima, della tua infanzia, delle facce dei paesani. È come avere un cielo più vicino; è il posto dove la brezza fa tremare l’erba”.

Queste semplici ma belle parole dello scrittore Ennio Flaiano, credo siano indicate per uno dei borghi più sperduti della provincia teramana.

Arsita è a quarantacinque chilometri dal capoluogo, a 470 metri di altitudine su di uno sperone alla destra dell’alto corso del fiume Fino.

Siamo nel versante orientale del Gran Sasso, alle pendici del monte Camicia.

La storia degli uomini spesso la scrivono le strade.
Sono queste che decidono se un paese deve fiorire o morire.

Questo villaggio di passo, che ha vissuto tempi d’oro quando, non lontano, si snodava la “via della lana e dell’oro”, che univa L’Aquila e molti paesi d’Abruzzo, alla città di Firenze, con cospicui scambi commerciali, oggi conta meno di mille anime, poco più di trecento famiglie con un’occupazione di circa il diciotto per cento degli abitanti, costretti a molta strada per raggiungere il posto di lavoro.

Numeri che fanno riflettere e che riportano alle epoche felici in cui era forte il legame tra le belanti greggi e l’Abruzzo, quando due su tre erano pastori.

In Abruzzo si censiva qualcosa come quattro milioni di ovini, cinque in epoca angioina.

Oltre duemila anni fa, il grande Catone ripeteva che, nei secoli successivi, la pastorizia avrebbe fatto la fortuna dell’Impero Romano. Sappiamo tutti come la storia lo abbia clamorosamente smentito.

Oggi il vello non ha più il valore di prima, le fibre sintetiche hanno preso il sopravvento.
Neanche il bosco rappresenta più la ricchezza.

E pensare che con il duro legno delle foreste, i bravi artigiani di queste parti, in passato, producevano delle bocce indistruttibili famose in tutt’Italia.
Arsita non ha dimenticato il suo passato, è rimasta la terra del “coatto”, il piatto transumante a base di pecora che prende il nome dal latino “coactus”, ristretto.

Dato che, i cafoni di “siloniana” memoria non ci sono più, si è pensato anche a rivitalizzare le presenze, oltre che con escursioni in alta montagna, anche con un singolare museo dedicato all’animale più temuto ma anche più affascinante, il lupo dagli occhi color ambra, simbolo del male, ma anche di forza e coraggio.

L’antica “Bacucco”, chiamata così in onore di Bacco, propone anche gli affascinanti resti di un castello del XVI secolo. Pochi monconi di pietra che trasudano, però, storia tra vicende di guerra, saghe familiari, tradimenti, amori.

Ombre di cavalieri, donzelle, nobildonne e soldati di ventura, paiono prendere vita lungo il crinale di “Cime della Rocca”.

Da non dimenticare la Madonna in Trono con Bimbo in terracotta, all’interno di uno dei santuari delle “Sette Marie Sorelle”, la devozione tradizionale dei semplici e degli umili che ritroviamo nel medio Vomano, lungo la valle del Castellano, del Vezzola e del Tordino.
Le molteplici raffigurazioni di un’unica Vergine che assicurava protezione alla dura vita delle popolazioni di montagna.


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Articolo di Sergio Scacchia pubblicato sul blog Paesaggio Teramano collegato alla rivista omonima.
Sul blog "Paesaggio Teramano" possibilità di visionare o fare il download dei numeri della rivista già pubblicati.
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lunedì 18 febbraio 2013

Cellino Attanasio: antico feudo degli Acquaviva.

Cellino Attanasio, antico feudo degli Acquaviva, non è soltanto un paese con una storia sontuosa testimoniata da una cinta muraria potenziata da torrioni che fa intuire l’importanza strategica nei secoli.

Tanto meno questo borgo incastellato ha nel paesaggio che si dipana tra la valle del Vomano e quella del Piomba, in uno spettacolo che dal mare porta fin sulle vette della catena del Gran Sasso, il suo punto di forza.

Quello che più di ogni altro rende Cellino da visitare è la chiesa madre di Santa Maria La Nova, autentico scrigno di meraviglie, posto alla fine del viale Luigi di Savoia che si apre su di una veduta spettacolare che regala mezzo Abruzzo teramano agli occhi del visitatore.

E badate bene che questa chiesa di origini trecentesche, la cui torre campanaria fu inglobata poi alla sua prima edificazione, potrebbe essere un tesoro di più grandi proporzioni se non fosse stata spogliata e alcune delle sue opere fossero state lasciate lì, dove erano originariamente collocate.

All'interno si trova un bel tabernacolo quattrocentesco in pietra attribuito a Andrea Lombardo, autore del portale di S.Antonio a Tossicia, qualche bel dipinto e un cero pasquale finemente lavorato.
 Credo però che il tesoro da non perdere sia il magnifico portale quattrocentesco del napoletano Matteo Capro, attivissimo e quotato artista che in circa dieci anni ha lasciato opere immortali sparse in tutto Abruzzo.

La scena dell’Annunciazione nella lunetta è una maiolica geniale che scrutata attentamente fa riflettere sulla portata e sull’importanza dell’avvenimento.
Sono bellissimi i leoni stilofori che reggono le colonne tortili e i giochi di pietra che contornano l’ingresso.
Importante è anche lo stemma gentilizio della potente famiglia Acquaviva che campeggia sulla parte superiore.


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Articolo di Sergio Scacchia pubblicato sul blog Paesaggio Teramano collegato alla rivista omonima.
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