Alvi , piccola frazione nel comprensorio di Crognaleto, è quanto di più romantico si possa esprimere nei selvaggi monti della Laga.
“Qui il silenzio è utile per coloro i quali vogliono avviarsi alla perfezione”. Lo scriveva Frate Giovanni Pinazza, abitante eremita che vi soggiornò per un anno di vita ascetica.
Il borgo risale al 1300 quando fu costruita la piccola ma bella chiesa di Santa Maria Apparens, con i suoi importanti affreschi, ma la frequentazione di questo luogo esisteva sin dagli antichi Romani.
Pare che sulle pendici meridionali del Monte di Mezzo, in località “il Coppo”, furono localizzati anni fa, i resti di antichi stazzi di quell’epoca. Non c’è da stupirsi.
Questo bel paesino è praticamente da sempre, significativamente collocato lungo un itinerario pastorale che da Crognaleto conduceva a Campotosto.
Il piccolo campanile della chiesa, che fu ideata e costruita definitivamente grazie ai frati dell’Ordine di San Bernardino, si disegna fra un breve pendio e il cielo fuori dal paese.
La leggenda, che vive intorno al luogo santo, è da raccontare.
Si narra che un soldato francese, proveniente da famiglia facoltosa, ferito e abbandonato tra i monti, ormai in fin di vita, invocò l’aiuto della Vergine.
Maria apparve tra le nuvole bianche e salvò il moribondo.
Il giovane fece erigere qui, così lontano da casa e in terra straniera, un tempio alla Madonna che appare.
I vecchi raccontano che all’inizio dell’800, il piccolo luogo sacro fosse frequentato dai tanti briganti che trovavano in queste montagne il loro rifugio.
I malviventi pregavano la Madonna a mani giunte in un’implorazione che raccoglieva le loro umane debolezze, le contraddizioni e le atrocità da riscattare.
Nel 1703 un terremoto devastò questi luoghi e, nei primi anni del ‘900, una grande frana della debole pietra arenaria che circonda il paese, distrusse gran parte del piccolo abitato che fu ricostruito, niente di meno che da un giovane Benito Mussolini.
È una storia raccontatami da un vecchio pallido e zoppicante, incontrato in uno dei miei raid precedenti in paese.
Dal centro di Alvi, c’è un bel percorso sterrato del Sentiero Italia che, utilizzando antichi itinerari provenienti da Campotosto, attraverso la zona del Passo Cattivo, porta a conoscere una montagna poco ambita ma dalla vista bellissima: il Monte di Mezzo, spartiacque tra Laga e Gran Sasso ,dove la vista spazia fino ai Monti Reatini.
Dalla sua vetta si può scendere a Frattoli o tornare ad Alvi.
È un percorso che consiglio vivamente.
Sono fantastici questi borghi dove intrichi selvaggi di rovi rimpiazzano parte dell’abitato e dove alcuni alberi sembrano soffocare a causa di lunghi rami di rampicanti fuori controllo.
Sono paesi fatti di gente solida come le rocce sporgenti che ne determinano il paesaggio.
Mi fanno ripensare a un autore che adoro.
Non so se avete mai letto qualcosa di Mario Rigoni Stern.
La sua “montagna silenziosa e triste” è fatta di contrade piene di case vuote, privi di simpatici merletti, bimbi festosi.
I suoi prati sono inselvatichiti e abbandonati. Paesi che in capo a dieci, venti anni sono passati da cento abitanti a dieci o forse meno.
Quest’abbandono si legge in Dolomiti come in Appennino.
Un tempo mi disse un vecchio abitante di Valle Vaccaro, qui c’era anche bestiame a valle: diverse mucche da latte, qualche arzillo torello per coprire le vacche vogliose con straordinari erotici, poi diverse decine di capre, pecore, maiali, di tutto.
Oggi rimangono poveri cani abbandonati che ululano al vento.
I boschi non sono più governati dalla mano dell’uomo.
E’ una comunità morente.
Il più giovane avrà settant’anni.
Se, tutti voi, passeggiando tra i vicoli di questi sparuti villaggi, avreste la sensazione di incrociare lo sguardo di un pellegrino medievale stremato da un lungo viaggio ma con lo sguardo carico di gioia per aver raggiunto la meta, non sareste vittime di allucinazioni.
È come se nelle pietre e negli alberi che affondano le radici simili ad artigli, si fossero sedimentate le voci, le preghiere e i passi di coloro i quali hanno voluto raggiungere questa virgola di mondo unica e affascinante, immersa in una natura selvaggia e maestosa.
Una forza inarrestabile quella della fede, simile alle acque.
Nella pietra, dalla pietra e sulla pietra è fissata la storia di paesi dall’aspetto quasi lunare, inerpicati sui monti.
Nel territorio teramano, a macchia di leopardo, esistono incredibili gioielli che occorre scoprire, spesso in zone fuori dal mondo "normale" e dalle direttrici canoniche della viabilità corrente, lungo percorsi virtuali impressi nella "memoria" più che sulle mappe territoriali, o quelli millenari dei tratturi, della fede, dei miti.
In questi percorsi sono collocati, come avulsi dalla storia altrove normale, edifici votivi inaspettati e apparentemente al di fuori da logiche.
Ecco allora varie chiesette, ciascuna con una storia tutta propria, sparse un po' dovunque: San Donato a Castelli, San Bartolomeo a Villa Popolo, la Madonna delle Grazie di Alanno, la "Trinità" di Morge, S. Maria della Croce di Pietranico: Santa Maria Apparens ad Alvi è tra queste.
Prima di andare oltre occorre correggere un errore corrente, perché nella tradizione popolare si crede che la chiesetta sia sorta in seguito ad una "apparizione" della Vergine, ma il termine "Apparens" si riferisce ad un'etimo latino poco adusato, che significa "ubbidiente": infatti, in latino, "appareo", oltre che "apparire" significa anche "assentire, ubbidire".
Il termine si riferisce all'accettazione della Vergine del messaggio divino pronunciatogli dall'Arcangelo Gabriele.
La preghiera dell'angelus, infatti, termina con le parole pronunciate dalla Vergine: "fiat mihi secundum verbum tuum" (avvenga di me quello che mi hai detto), cioè che il Verbo si sarebbe incarnato nel suo grembo.
Quindi "Apparens", e tutti gli altri derivati toponimi di chiese (Santa Maria di Appari, ad es.) non vuol dire altro che "ubbidiente" e, per traslato, "Annunziata".
La chiesetta di piccole dimensioni sorge a poca distanza dalla statale 80 sulla sponda sinistra del Vomano, a qualche km da Tottea e da Cervaro, sulla direttrice di un sentiero montano immediatamente a valle del Lago di Campotosto.
E' una chiesetta votiva di origine medioevale,, ricostruita o rimaneggiata nella sua forma attuale nel 1516, mèta di una suggestiva Via Crucis (non so se ancora si effettua) che partiva in un breve percorso in salita dall'abitato di Alvi (ricostruita poco a valle verso gli anni '30 del '900 in seguito ad una frana che aveva distrutto il paese) fino al luogo della chiesetta.
L'importanza della chiesetta poggia sulla sua straordinaria decorazione pittorica dell'interno, con una serie di scene votive di ottima fattura, opera di più artisti, il più evoluto dei quali si allinea ad una eco della pittura marchigiana (ricordiamo che nel 1526 un altro marchigiano, Jacopo Bonfini da Patrignone, lavorava a S.Maria della Misericordia di Tortoreto), ma sono presenti altre "mani" in sintonia con la cultura umbra tra Pinturicchio e Perugino (come nell'Annunciazione di Cerqueto).
La magnifica scena della "Annunciazione", con l'Angelo a sinistra e la Vergine a destra dell'altare, pur se molto rovinata mostra una qualità pitttorica assolutamente insolita nel resto d'Abruzzo.
Tra le altre scene dipinte, una "Crocefissione", un "San S. Rocco", un "S. Sebastiano", una "S. Maria Maddalena" ed altre figure di Sante Martiri.
Una vera e propria pinacoteca, tragico residuo di una stagione pittorica in gran parte perduta per le ingiurie del tempo, ma soprattutto per l'incuria degli uomini.
Malgrado detti affreschi abbiano subito un recente restauro (circa 30 anni fa) ora è la struttura della chiesetta che ha bisogno di un vigoroso salvataggio, in quanto infiltrazioni di acqua e precarietà del tetto rischiano di danneggiare questo patrimonio pittorico che è uno dei pochi rimasti nel teramano dell'inizio del XVI secolo.
Per arrivare a Alvi da Teramo, ci sono circa circa Km.37: si percorre la S.S.80 in direzione di Montorio al Vomano, proseguendo poi verso il Passo delle Capannelle.
Giunti ad Aprati si gira a destra e poi, dopo il ponte, subito a sinistra, seguendo le facili indicazioni stradali.
Grazie all'amico Alessandro de Ruvo per le splendide foto a corredo dell'articolo tratto dal libro "Il mio Ararat".
“Qui il silenzio è utile per coloro i quali vogliono avviarsi alla perfezione”. Lo scriveva Frate Giovanni Pinazza, abitante eremita che vi soggiornò per un anno di vita ascetica.
Il borgo risale al 1300 quando fu costruita la piccola ma bella chiesa di Santa Maria Apparens, con i suoi importanti affreschi, ma la frequentazione di questo luogo esisteva sin dagli antichi Romani.
Pare che sulle pendici meridionali del Monte di Mezzo, in località “il Coppo”, furono localizzati anni fa, i resti di antichi stazzi di quell’epoca. Non c’è da stupirsi.
Questo bel paesino è praticamente da sempre, significativamente collocato lungo un itinerario pastorale che da Crognaleto conduceva a Campotosto.
Il piccolo campanile della chiesa, che fu ideata e costruita definitivamente grazie ai frati dell’Ordine di San Bernardino, si disegna fra un breve pendio e il cielo fuori dal paese.
La leggenda, che vive intorno al luogo santo, è da raccontare.
Si narra che un soldato francese, proveniente da famiglia facoltosa, ferito e abbandonato tra i monti, ormai in fin di vita, invocò l’aiuto della Vergine.
Maria apparve tra le nuvole bianche e salvò il moribondo.
Il giovane fece erigere qui, così lontano da casa e in terra straniera, un tempio alla Madonna che appare.
I vecchi raccontano che all’inizio dell’800, il piccolo luogo sacro fosse frequentato dai tanti briganti che trovavano in queste montagne il loro rifugio.
I malviventi pregavano la Madonna a mani giunte in un’implorazione che raccoglieva le loro umane debolezze, le contraddizioni e le atrocità da riscattare.
Nel 1703 un terremoto devastò questi luoghi e, nei primi anni del ‘900, una grande frana della debole pietra arenaria che circonda il paese, distrusse gran parte del piccolo abitato che fu ricostruito, niente di meno che da un giovane Benito Mussolini.
È una storia raccontatami da un vecchio pallido e zoppicante, incontrato in uno dei miei raid precedenti in paese.
Dal centro di Alvi, c’è un bel percorso sterrato del Sentiero Italia che, utilizzando antichi itinerari provenienti da Campotosto, attraverso la zona del Passo Cattivo, porta a conoscere una montagna poco ambita ma dalla vista bellissima: il Monte di Mezzo, spartiacque tra Laga e Gran Sasso ,dove la vista spazia fino ai Monti Reatini.
Dalla sua vetta si può scendere a Frattoli o tornare ad Alvi.
È un percorso che consiglio vivamente.
Sono fantastici questi borghi dove intrichi selvaggi di rovi rimpiazzano parte dell’abitato e dove alcuni alberi sembrano soffocare a causa di lunghi rami di rampicanti fuori controllo.
Sono paesi fatti di gente solida come le rocce sporgenti che ne determinano il paesaggio.
Mi fanno ripensare a un autore che adoro.
Non so se avete mai letto qualcosa di Mario Rigoni Stern.
La sua “montagna silenziosa e triste” è fatta di contrade piene di case vuote, privi di simpatici merletti, bimbi festosi.
I suoi prati sono inselvatichiti e abbandonati. Paesi che in capo a dieci, venti anni sono passati da cento abitanti a dieci o forse meno.
Quest’abbandono si legge in Dolomiti come in Appennino.
Un tempo mi disse un vecchio abitante di Valle Vaccaro, qui c’era anche bestiame a valle: diverse mucche da latte, qualche arzillo torello per coprire le vacche vogliose con straordinari erotici, poi diverse decine di capre, pecore, maiali, di tutto.
Oggi rimangono poveri cani abbandonati che ululano al vento.
I boschi non sono più governati dalla mano dell’uomo.
E’ una comunità morente.
Il più giovane avrà settant’anni.
Se, tutti voi, passeggiando tra i vicoli di questi sparuti villaggi, avreste la sensazione di incrociare lo sguardo di un pellegrino medievale stremato da un lungo viaggio ma con lo sguardo carico di gioia per aver raggiunto la meta, non sareste vittime di allucinazioni.
È come se nelle pietre e negli alberi che affondano le radici simili ad artigli, si fossero sedimentate le voci, le preghiere e i passi di coloro i quali hanno voluto raggiungere questa virgola di mondo unica e affascinante, immersa in una natura selvaggia e maestosa.
Una forza inarrestabile quella della fede, simile alle acque.
Nella pietra, dalla pietra e sulla pietra è fissata la storia di paesi dall’aspetto quasi lunare, inerpicati sui monti.
La chiesa di Santa Maria Apparens dagli scritti di Giovanni Corrieri
Nel territorio teramano, a macchia di leopardo, esistono incredibili gioielli che occorre scoprire, spesso in zone fuori dal mondo "normale" e dalle direttrici canoniche della viabilità corrente, lungo percorsi virtuali impressi nella "memoria" più che sulle mappe territoriali, o quelli millenari dei tratturi, della fede, dei miti.
In questi percorsi sono collocati, come avulsi dalla storia altrove normale, edifici votivi inaspettati e apparentemente al di fuori da logiche.
Ecco allora varie chiesette, ciascuna con una storia tutta propria, sparse un po' dovunque: San Donato a Castelli, San Bartolomeo a Villa Popolo, la Madonna delle Grazie di Alanno, la "Trinità" di Morge, S. Maria della Croce di Pietranico: Santa Maria Apparens ad Alvi è tra queste.
Prima di andare oltre occorre correggere un errore corrente, perché nella tradizione popolare si crede che la chiesetta sia sorta in seguito ad una "apparizione" della Vergine, ma il termine "Apparens" si riferisce ad un'etimo latino poco adusato, che significa "ubbidiente": infatti, in latino, "appareo", oltre che "apparire" significa anche "assentire, ubbidire".
Il termine si riferisce all'accettazione della Vergine del messaggio divino pronunciatogli dall'Arcangelo Gabriele.
La preghiera dell'angelus, infatti, termina con le parole pronunciate dalla Vergine: "fiat mihi secundum verbum tuum" (avvenga di me quello che mi hai detto), cioè che il Verbo si sarebbe incarnato nel suo grembo.
Quindi "Apparens", e tutti gli altri derivati toponimi di chiese (Santa Maria di Appari, ad es.) non vuol dire altro che "ubbidiente" e, per traslato, "Annunziata".
La chiesetta di piccole dimensioni sorge a poca distanza dalla statale 80 sulla sponda sinistra del Vomano, a qualche km da Tottea e da Cervaro, sulla direttrice di un sentiero montano immediatamente a valle del Lago di Campotosto.
E' una chiesetta votiva di origine medioevale,, ricostruita o rimaneggiata nella sua forma attuale nel 1516, mèta di una suggestiva Via Crucis (non so se ancora si effettua) che partiva in un breve percorso in salita dall'abitato di Alvi (ricostruita poco a valle verso gli anni '30 del '900 in seguito ad una frana che aveva distrutto il paese) fino al luogo della chiesetta.
L'importanza della chiesetta poggia sulla sua straordinaria decorazione pittorica dell'interno, con una serie di scene votive di ottima fattura, opera di più artisti, il più evoluto dei quali si allinea ad una eco della pittura marchigiana (ricordiamo che nel 1526 un altro marchigiano, Jacopo Bonfini da Patrignone, lavorava a S.Maria della Misericordia di Tortoreto), ma sono presenti altre "mani" in sintonia con la cultura umbra tra Pinturicchio e Perugino (come nell'Annunciazione di Cerqueto).
La magnifica scena della "Annunciazione", con l'Angelo a sinistra e la Vergine a destra dell'altare, pur se molto rovinata mostra una qualità pitttorica assolutamente insolita nel resto d'Abruzzo.
Tra le altre scene dipinte, una "Crocefissione", un "San S. Rocco", un "S. Sebastiano", una "S. Maria Maddalena" ed altre figure di Sante Martiri.
Una vera e propria pinacoteca, tragico residuo di una stagione pittorica in gran parte perduta per le ingiurie del tempo, ma soprattutto per l'incuria degli uomini.
Malgrado detti affreschi abbiano subito un recente restauro (circa 30 anni fa) ora è la struttura della chiesetta che ha bisogno di un vigoroso salvataggio, in quanto infiltrazioni di acqua e precarietà del tetto rischiano di danneggiare questo patrimonio pittorico che è uno dei pochi rimasti nel teramano dell'inizio del XVI secolo.
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Per arrivare a Alvi da Teramo, ci sono circa circa Km.37: si percorre la S.S.80 in direzione di Montorio al Vomano, proseguendo poi verso il Passo delle Capannelle.
Giunti ad Aprati si gira a destra e poi, dopo il ponte, subito a sinistra, seguendo le facili indicazioni stradali.
Grazie all'amico Alessandro de Ruvo per le splendide foto a corredo dell'articolo tratto dal libro "Il mio Ararat".
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Articolo di Sergio Scacchia pubblicato sul blog Paesaggio Teramano collegato alla rivista omonima.Sul blog "Paesaggio Teramano" possibilità di visionare o fare il download dei numeri della rivista già pubblicati.
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