I suoi abitanti adorano questo paesino in posizione sospesa che sembra pizzicare il cielo.
Come dar loro torto?
Aria buona, tranquillità.
E poi il vento, il respiro della terra che, malandrino, scompiglia i capelli, portando con sé gli odori del mondo e le nuvole che poco prima danzavano sul naso del gigante Gran Sasso.
Canzano è un borgo delizioso, adagiato sulle dolci colline teramane rotonde e levigate, che guarda il mare volgendo le spalle alla montagna più alta degli Appennini, sospeso tra le valli dei fiumi Vomano e Tordino.
Il paese si raggiunge attraverso la Montorio - Roseto o dalla Teramo - Giulianova.
Pochi luoghi possono vantare vedute così pittoresche, autentici scorci da cartolina.
Un paesaggio ideale senza asperità, modellato nell’equilibrio e nell’armonia.
Il borgo si raccoglie intorno alla sua piccola piazza con vecchi edifici in pietra posti ad anelli concentrici.
Uno scampolo di meraviglia che anche la Madonna desiderò visitare.
Un’antica storia racconta del miracoloso apparire della Vergine Maria che dall’alto di un albero comunicò a un contadino il desiderio di vedere una chiesa eretta in suo onore.
Oggi questo luogo sacro sorge su uno dei tre colli su cui si sviluppa il borgo: Colle Civetta, con un ameno boschetto, Colle Castellano, con la deliziosa chiesa della Madonna dell’Alno e Colle San Salvatore con l’abbazia omonima.
“Se vuoi capire meglio il miracolo - mi dice il parroco don Tommaso - ti conduco a Perdono dove è avvenuto il misterioso evento”.
La chiesina di campagna è vuota e solitaria, in fondo ad una strada piena di dossi.
Il minuscolo tempio si apre nel maggio di ogni anno per ricordare l’evento.
Il mondo rimasto dietro l’ultima curva sembra celarsi nel silenzio odoroso della campagna, nello stormire delle foglie, nella soffusa cantilena del vento che ci segue ovunque.
La porta cigola e, aprendosi, scopre la minuscola navata, disarmante nella sua semplicità ma profondamente mistica per chi crede nell’apparizione della Madonna.
Pochi metri più su c’è la grande chiesa all’imbocco dell’ultima curva per il paese.
Alcuni reperti archeologici e il ritrovamento di una tomba con resti di monete e suppellettili, confermano un insediamento romano, forse possedimento di un’agiata famiglia patrizia che trascorreva in questo luogo giorni di riposo.
Solo i Romani, devoti come nessun altro popolo alla pietra, ai baratri, ai grandi spazi, potevano concepire un borgo così, a sentinella del territorio.
Canzano è un’acropoli di case e archi, vicoli e torri, porte e scale che si contorce dentro un anello di mura e si scioglie da un lato in rivoli di strade e abitazioni.
Ricorda il massimo splendore nel medioevo quando fu costruito un castello.
Allora il luogo si chiamava “Panzanella”, ovvero cittadella della “buona vista”.
Seguirono anni di dominio dei signori di Acquaviva, Duchi di Atri, le vicende del Regno delle Due Sicilie e l’unificazione d’Italia.
Il paese inizia dalla “Porta Nuova”, attraversa via Roma e in piazza si dirama in un intarsio urbano di vicoli stretti disposti a spina di pesce, come la “Strada Piazzetta” larga, appena 65 centimetri.
L’abitato conserva un’antica cinta muraria con un torrione merlato del secolo XI.
Da non perdere la chiesa di San Biagio, protettore del paese, con il suo campanile in cotto e le “neviere”, freschi sotterranei dove, in un’epoca senza frigoriferi, le donne conservavano le provviste familiari.
Fuori l’abitato, l’antica pieve di San Salvatore si presenta solitaria ed austera, vantando decine di secoli di storia, così come le sue sorelle di stile nella vallata detta Siciliana, San Clemente, Santa Maria di Ronzano, San Giovanni ad Insulam.
Tutte chiese caratterizzate dalla stupenda semplicità e linearità del romanico.
All’interno di questa meravigliosa enclave, vi sono pregevoli affreschi trecenteschi tra i quali “il giudizio di Salomone” e “S. Anna e la nascita della Madonna”.
Un imponente ciclo di opere che, malgrado, le mutilazioni del tempo rimane uno dei più estesi e importanti d’Abruzzo.
Poche notizie certe sull’ignoto architetto che utilizzò le pietre marroni per innalzare la massa muraria e i pilastri di questo capolavoro.
Il paese offre di tutto: associazioni di anziani che organizzano scuole di cucina e quadriglie, donatori di sangue, una banda musicale dalle tradizioni antiche.
Questa è anche la capitale del merletto, con una fiorente scuola di esperte ricamatrici.
La gastronomia è sontuosa.
Il “tacchino alla canzanese” è una deliziosa pietanza in gelatina, servita fredda che rappresenta la nostra cucina nel mondo.
Un piatto sbarcato sulla luna!
Neil Armstrong, il primo uomo a porre piede sul satellite della terra, lo individuò come cibo ideale per le imprese degli astronauti, nutritivo, saporito e a lunga conservazione.
Il dolce tipico è lo “storione” che non è un pesce dei mari del nord ma un gustoso impasto di mandorla, cioccolato e crema.
Finisce troppo presto il viaggio in un paese tanto piccolo ma così sorprendente.
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Articolo redatto da Sergio Scacchia, autore tra l'altro di tre libri:"Silenzi di Pietra" e "Il mio Ararat" e "Abruzzo nel cuore".
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