Gli sposi, in tight nero lui, in candida veste di organza lei, con tanto di cappellone stile inglese Regina Madre.
Entrambi posano entusiasti e affranti dai mille preparativi alla cerimonia, davanti alle sontuose architetture della fortezza borbonica.
Attraversano le antiche vie di Civitella del Tronto come integrati in una set di un film di Spielberg, con dietro l’inevitabile codazzo di rumorosi invitati.
Quale migliore location di questo incantevole borgo medioevale per decretare il loro sì?
“Una terra dove il sole non muore mai dietro le montagne gemelle, arcigne a guatar severe …”
Così scriveva nell'anno Domini 1485 il dotto Padre Silvestri, strenuo indagatore delle nostre origini.
Si racconta che questo monaco benedettino, originario delle Marche, fosse giunto in questo villaggio abbarbicato su di un erto costone roccioso sui 600 metri, intorno al suo fortino, perché devoto alla marchesa di Toscana, quella Matilde di Canossa che l’iconografia storica presentava bellissima nella sua alterigia e di origini longobarde.
L’abate scriveva infuocati versi d’amore nei confronti di lei che chiamava “Duchessa” per non svelare il nome.
Si sa, le voci corrono e il religioso fu espulso dall'Ordine e interdetto a viaggiare all'interno dei territori dello Stato Pontificio.
Sentinella silente di un confine invalicabile del Regno della meridionale Napoli, centro di grande valenza strategica tra Ascoli e Teramo, dall'alto di Civitella si dominano tutte le vallate intorno.
Una manciata di case dalle pietre abbrunite, all'ombra dei bastioni immani di una fortezza che ha conosciuto fasti e rovine, storia e tradizioni.
Civitella è un paese dalle abitazioni digradanti in piani paralleli sotto un’imponente muraglia, aggrumato intorno al belvedere di Piazza Pepe.
Affacciati sul parapetto del muro in pietra, la montagna dei Fiori si staglia nitida nel cielo terso, più in là il Foltrone e in mezzo alle due vette il boscoso cuneo dell’orrida gola del Salinello, regno del mistero e delle vicende storiche del Re Manfredi e la sua rocca.
A meridione la spettacolare catena del Gran Sasso e, a seguire la dea Maiella, evidentemente ancora innamorata dell’aspra dolomia confinante.
In piazza, la cinquecentesca Parrocchiale di San Lorenzo addossata all'antica porta d’ingresso del borgo, attira i visitatori con la sua pietra civitellese con cui è costruita e il portale rinascimentale di elegante semplicità.
Ed è bello, aggirarsi per le antiche e strette vie del borgo anche oggi che c’è mercato in piazza.
Un carosello di colori, di voci, di personaggi particolari che fatica di certo a sopravvivere ai nuovi modelli di distribuzione.
La frutta con le piramidi di mele, di arance, i carciofi che da una cesta mostrano solo la testa, una composizione di radicchi che esprimono tutta la loro freschezza, una cassetta di zucchini con il loro fiore.
Tutto è colore, anche la voce dell'ortolano che comunica la sua offerta.
Su di un vecchio banco si vende porchetta fumante, proveniente neanche a dirlo, da Campli e poi trippa all'ascolana fatta in casa, olive fritte con cremini; più in là dalla vetrina del banco del macellaio si vede un omone con una grande mannaia, tagliare, con perizia antica, bistecche da una bellissima costata.
Nei ristoranti le donne di cucina ammassano le proverbiali “ceppe”da condire col sugo di papera.
Ogni personaggio è un protagonista, qui non ci sono comparse e controfigure.
Ogni angolo dovrebbe essere fotografato, ogni individuo raccontato nei particolari.
Civitella del Tronto non è solo questo.
E’ la storia con la S maiuscola che, in mancanza di notizie certe, potrebbe risalire a un’epoca ancor prima del mille.
Gli storici non si pronunciano.
Per loro si parte dal IX secolo, periodo in cui nasce il fenomeno italico dell’arroccamento delle popolazioni rurali a difesa contro barbari e pirati.
Eventi storici fluidi modellati da mille cambiamenti e turbolenze nel mondo feudale dell’intero Abruzzo, fino al sopraggiungere della dominazione normanna.
Qui, un intreccio di leggende.
Una racconta dei natali dati dal villaggio al Papa Leone II, un'altra data anno Domini 1053, racconta della prigionia di Papa Leone IX da parte dei Normanni che lo avrebbero portato in ceppi e catene in una grande reggia a Benevento dove scontare un’ingiusta condanna.
Fu con il già citato Carlo I dì’Angiò che iniziò la valorizzazione della fortezza che, nei secoli seguenti, divenne famosa nel mondo per le sue caratteristiche difensive militari manifestando i segni di una tipologia costruttiva tipica di quei centri cui è demandata l’importante funzione di presidio perenne e tutela dell’assetto politico di un territorio.
Seguirono secoli di gloria, con assedi di mesi e mesi a questa fortezza quasi inespugnabile.
Cambi di poteri dinastici, viaggi attraverso governi del vice regno, occupazione francese, monarchia borbonica, brigantaggio e calamità varie, fino all'Unità d’Italia del marzo del 1861 quando il forte, baluardo contro le armi piemontesi, scrisse le ultime pagine di gloria.
Davanti agli occhi le auliche architetture della trecentesca Chiesa di San Francesco con la sua facciata romanica impreziosita da un rosone intagliato di rara bellezza.
L’anziano seduto sul muretto ride divertito e dice che il rosone non è farina del sacco dei civitellesi i quali, amanti del bello, lo rubarono agli odiati camplesi, trafugandolo dalla chiesa farnese dedicata al poverello d’Assisi.
Ricordo che questa storia mi fu narrata anni fa dal parroco di Campli don Antonio Mazzitti che si diceva convinto che altre opere alloggiate nella città fortezza provenissero proprio dal borgo d’arte camplese.
Il viaggio nella storia e nel presente di questo borgo non può prescindere dal convento francescano della Madonna dei Lumi, in una collinetta vicina, dove un’antica leggenda racconta un fatto misterioso: amici conversavano quando di colpo interruppero le loro chiacchiere, abbagliati da tante luci e fiammelle che, arrivando dal fondo della valle, iniziarono a danzare ordinatamente intorno a loro per poi sparire.
Da quel momento questo spettacolo si replicò più volte fino al 1663, ultimo spettatore un monsignore che cadde, ginocchia a terra, giurando di essere stato sfiorato dal soffio mistico della Vergine.
Ecco perché il Convento è dedicato alla Madonna dei Lumi o della Lumera dispensatrice di tanti miracoli e guarigioni.
Ecco perché la Vergine ancora oggi veglia sul paese fortezza.
COME ARRIVARE A CIVITELLA DEL TRONTO:
- A24 RM-TE uscita Teramo/ proseguire lungo la SS 81 direzione Campovalano/ Civitella del Tronto
- da Napoli: A1 NA-RM uscita Cassino/ proseguire in direzione Sora/ Avezzano/ A25 direzione L'Aquila-Teramo/ A24 uscita Teramo/poi strada per Campli Civitella del Tronto, Ascoli Piceno
Sul blog "Paesaggio Teramano" possibilità di visionare o fare il download dei numeri della rivista già pubblicati.
Entrambi posano entusiasti e affranti dai mille preparativi alla cerimonia, davanti alle sontuose architetture della fortezza borbonica.
Attraversano le antiche vie di Civitella del Tronto come integrati in una set di un film di Spielberg, con dietro l’inevitabile codazzo di rumorosi invitati.
Quale migliore location di questo incantevole borgo medioevale per decretare il loro sì?
“Una terra dove il sole non muore mai dietro le montagne gemelle, arcigne a guatar severe …”
Così scriveva nell'anno Domini 1485 il dotto Padre Silvestri, strenuo indagatore delle nostre origini.
Si racconta che questo monaco benedettino, originario delle Marche, fosse giunto in questo villaggio abbarbicato su di un erto costone roccioso sui 600 metri, intorno al suo fortino, perché devoto alla marchesa di Toscana, quella Matilde di Canossa che l’iconografia storica presentava bellissima nella sua alterigia e di origini longobarde.
L’abate scriveva infuocati versi d’amore nei confronti di lei che chiamava “Duchessa” per non svelare il nome.
Si sa, le voci corrono e il religioso fu espulso dall'Ordine e interdetto a viaggiare all'interno dei territori dello Stato Pontificio.
Sentinella silente di un confine invalicabile del Regno della meridionale Napoli, centro di grande valenza strategica tra Ascoli e Teramo, dall'alto di Civitella si dominano tutte le vallate intorno.
Una manciata di case dalle pietre abbrunite, all'ombra dei bastioni immani di una fortezza che ha conosciuto fasti e rovine, storia e tradizioni.
Civitella è un paese dalle abitazioni digradanti in piani paralleli sotto un’imponente muraglia, aggrumato intorno al belvedere di Piazza Pepe.
Affacciati sul parapetto del muro in pietra, la montagna dei Fiori si staglia nitida nel cielo terso, più in là il Foltrone e in mezzo alle due vette il boscoso cuneo dell’orrida gola del Salinello, regno del mistero e delle vicende storiche del Re Manfredi e la sua rocca.
A meridione la spettacolare catena del Gran Sasso e, a seguire la dea Maiella, evidentemente ancora innamorata dell’aspra dolomia confinante.
In piazza, la cinquecentesca Parrocchiale di San Lorenzo addossata all'antica porta d’ingresso del borgo, attira i visitatori con la sua pietra civitellese con cui è costruita e il portale rinascimentale di elegante semplicità.
Ed è bello, aggirarsi per le antiche e strette vie del borgo anche oggi che c’è mercato in piazza.
Un carosello di colori, di voci, di personaggi particolari che fatica di certo a sopravvivere ai nuovi modelli di distribuzione.
La frutta con le piramidi di mele, di arance, i carciofi che da una cesta mostrano solo la testa, una composizione di radicchi che esprimono tutta la loro freschezza, una cassetta di zucchini con il loro fiore.
Tutto è colore, anche la voce dell'ortolano che comunica la sua offerta.
Su di un vecchio banco si vende porchetta fumante, proveniente neanche a dirlo, da Campli e poi trippa all'ascolana fatta in casa, olive fritte con cremini; più in là dalla vetrina del banco del macellaio si vede un omone con una grande mannaia, tagliare, con perizia antica, bistecche da una bellissima costata.
Nei ristoranti le donne di cucina ammassano le proverbiali “ceppe”da condire col sugo di papera.
Ogni personaggio è un protagonista, qui non ci sono comparse e controfigure.
Ogni angolo dovrebbe essere fotografato, ogni individuo raccontato nei particolari.
Civitella del Tronto non è solo questo.
E’ la storia con la S maiuscola che, in mancanza di notizie certe, potrebbe risalire a un’epoca ancor prima del mille.
Gli storici non si pronunciano.
Per loro si parte dal IX secolo, periodo in cui nasce il fenomeno italico dell’arroccamento delle popolazioni rurali a difesa contro barbari e pirati.
Eventi storici fluidi modellati da mille cambiamenti e turbolenze nel mondo feudale dell’intero Abruzzo, fino al sopraggiungere della dominazione normanna.
Qui, un intreccio di leggende.
Una racconta dei natali dati dal villaggio al Papa Leone II, un'altra data anno Domini 1053, racconta della prigionia di Papa Leone IX da parte dei Normanni che lo avrebbero portato in ceppi e catene in una grande reggia a Benevento dove scontare un’ingiusta condanna.
Fu con il già citato Carlo I dì’Angiò che iniziò la valorizzazione della fortezza che, nei secoli seguenti, divenne famosa nel mondo per le sue caratteristiche difensive militari manifestando i segni di una tipologia costruttiva tipica di quei centri cui è demandata l’importante funzione di presidio perenne e tutela dell’assetto politico di un territorio.
Seguirono secoli di gloria, con assedi di mesi e mesi a questa fortezza quasi inespugnabile.
Cambi di poteri dinastici, viaggi attraverso governi del vice regno, occupazione francese, monarchia borbonica, brigantaggio e calamità varie, fino all'Unità d’Italia del marzo del 1861 quando il forte, baluardo contro le armi piemontesi, scrisse le ultime pagine di gloria.
Davanti agli occhi le auliche architetture della trecentesca Chiesa di San Francesco con la sua facciata romanica impreziosita da un rosone intagliato di rara bellezza.
L’anziano seduto sul muretto ride divertito e dice che il rosone non è farina del sacco dei civitellesi i quali, amanti del bello, lo rubarono agli odiati camplesi, trafugandolo dalla chiesa farnese dedicata al poverello d’Assisi.
Ricordo che questa storia mi fu narrata anni fa dal parroco di Campli don Antonio Mazzitti che si diceva convinto che altre opere alloggiate nella città fortezza provenissero proprio dal borgo d’arte camplese.
Il viaggio nella storia e nel presente di questo borgo non può prescindere dal convento francescano della Madonna dei Lumi, in una collinetta vicina, dove un’antica leggenda racconta un fatto misterioso: amici conversavano quando di colpo interruppero le loro chiacchiere, abbagliati da tante luci e fiammelle che, arrivando dal fondo della valle, iniziarono a danzare ordinatamente intorno a loro per poi sparire.
Da quel momento questo spettacolo si replicò più volte fino al 1663, ultimo spettatore un monsignore che cadde, ginocchia a terra, giurando di essere stato sfiorato dal soffio mistico della Vergine.
Ecco perché il Convento è dedicato alla Madonna dei Lumi o della Lumera dispensatrice di tanti miracoli e guarigioni.
Ecco perché la Vergine ancora oggi veglia sul paese fortezza.
COME ARRIVARE A CIVITELLA DEL TRONTO:
- A24 RM-TE uscita Teramo/ proseguire lungo la SS 81 direzione Campovalano/ Civitella del Tronto
- da Napoli: A1 NA-RM uscita Cassino/ proseguire in direzione Sora/ Avezzano/ A25 direzione L'Aquila-Teramo/ A24 uscita Teramo/poi strada per Campli Civitella del Tronto, Ascoli Piceno
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Articolo di Sergio Scacchia pubblicato sul blog Paesaggio Teramano collegato alla rivista omonima.Sul blog "Paesaggio Teramano" possibilità di visionare o fare il download dei numeri della rivista già pubblicati.
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