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sabato 17 marzo 2012

Il comprensorio dei Monti Gemelli ... i due regni della bellezza

Una terra dalla bellezza infinita dove incontrare il popolo della montagna, la storia del mondo, la potenza della natura. Territori inaspettati a pochi passi da Teramo.

Ai piani di S. Angelo in Volturino l’aria è tersa.
Cielo d’alta quota.

Posizione impervia per quello che un tempo era un arco cenobio, il più importante dei tanti luoghi di culto rupestre della Montagna dei Fiori.

I boschi hanno tonalità grigio scuro.


D’inverno i colori perdono incredibilmente vigore.
Faggi e abeti si contendono una frontiera di ecosistemi.
A primavera qui volano i falchi.
Ora la natura riposa.

Il monte Girella, una delle due vette gemelle, sembra una piramide che si alza, regina del tempo che qui sembra essersi fermato.

Torno nel rustico paese di Macchia da Sole per balze tra ciuffi d’erba, pietre, sprazzi di verde misto al bianco delle nevi e, in alto, cumulonembi gonfi di acqua.

L’antico borgo dei Priori, popolato di monaci, oblati e pastori, oggi soffre di spopolamento a causa delle scarse risorse della montagna teramana.

Pensare che un tempo qui esistevano due mulini di cui uno, in località Cannavine, che lavorava a pieno regime.

Dall’altra parte della valle la vista spazia sulla sfortunata Macchia da Borea, la parte povera del paese, dove il sole non abita mai e il freddo “fa cadere i denti senza la tenaglia”, come dice il vecchio Oscar, una vita trascorsa, in ogni stagione dell’anno, tra pecore, capre e formaggi.

Dai resti della possente rocca del Re Manfredi, a picco sulle selvagge gole del Salinello, il mare in fondo all’orizzonte, appare come un miraggio lontano.

Da questa sorta di scatolone tozzo, cubo di pietre transennate dei cui restauri si favoleggia da anni, l’Adriatico lo si può immaginare spumeggiante in inverno tra le spiagge di Alba Adriatica e Tortoreto.

Monte e mare divisi da chilometri di scenografici tornanti.


Il comprensorio dei Gemelli potrebbe vivere turisticamente di rendita tra natura, storia e gastronomia.
E anche misteri!

Le leggende che popolano ciò che resta dei mitici bastioni di Castel Manfrino e le orride gole, gli affascinanti paesi abbandonati di là di Leofara, potrebbero essere ulteriore richiamo per il turismo.

Coperti agli occhi dei comuni mortali, i tanti eremi sparsi lungo il frastagliato corso del fiume, un tempo rifugio di asceti e briganti, avvolti da un intricato dedalo di vegetazione, evocano storie inquietanti.

E invece qui le presenze non decollano nonostante che nel piccolo e unico hotel ristorante della zona si mangi benissimo.

La promozione del territorio è poca cosa.
Eppure qualcuno aveva idee grandiose per il distretto dei “due Regni”.

Molti affermano che l’Ente Parco dimentica questa zona, nonostante anni fa in pompa magna fosse stato inaugurato un bel punto informativo.

A una manciata di tornanti, oltre 1000 metri di altitudine, il borgo di Piano Maggiore col suo pugno di case abbandonate che si animano in estate, ricorda una storia terribile del 1500 quando un gruppo di nove donne ritenute responsabili di crudeli sortilegi, furono processate, costrette a confessare reati mai commessi e condannate al rogo.

La vecchia chiesina di San Pietro custodisce un ossario, dove la tradizione orale racconta fossero custoditi i resti di alcuni temibili briganti quali Antonio di Forca e Berardino di Celidonia con parte del manipolo di manigoldi con cui dividevano le loro malefatte.

Il brigantaggio da queste parti non è mai mancato dal Medioevo in poi, col suo carico di temibili personaggi quali Marco Sciarra, Ursino di Sabatuccio, Alfonso Piccolomini.

Il tempo volge al bello ora che si va verso il tramonto.

Il cielo si tinge di colori.
Le striature di rosso rubino si alternano al blu dei lapislazzuli al topazio color sole, al viola dell’ametista. Una meraviglia!



Gli articoli inseriti nella rivista sono redatti da Sergio Scacchia, autore tra l'altro di tre libri:
"Silenzi di Pietra" e "Il mio Ararat" e "Abruzzo nel cuore".

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