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domenica 28 luglio 2013

I misteri delle gole del Salinello

Una delle più classiche escursioni da fare a inizio estate è l’attraversamento delle gole del Salinello, località Ripe di Civitella del Tronto fino ai ruderi dell’antico castello del re Manfredi nella piazza d’armi, delimitata da cinque mozziconi di colonne di pietra che, al tramonto, paiono sinistri gendarmi ciondolanti.

È bellissimo guardare in fondo al cuneo, che si stringe tra i resti della rocca e le gole sottostanti, l “Hadriaticum Mare” già annotato nelle prime carte geografiche, sulla sesta Tabula di Tolomeo e menzionato da Eratostene.

Qui passavano le vie del sale, del grano, dell’olio, del vino e Dio solo sa quanti altri commerci preziosi di spezie e seta, ambra e oro.

Nelle boscose viscere di uno degli scenari più insoliti della dorsale appenninica, si cammina in mezzo a due vertiginose pareti, alte svariati metri, circondati da una straordinaria natura.

Tra gli angusti spazi che sembrano stringere fino a soffocarti, si aprono spiazzi erbosi tra alberi che lasciano a terra i loro semi, felci ai bordi del tumultuoso corso d’acqua, biancospini, ginestre e cicorie di montagna.

Questo luogo attrae irrimediabilmente con storie di maghi, mostri, negromanti e fattucchiere.

Gli eremi che costellano le pareti, le antiche e paurose leggende dettate da anacoreti non possono lasciare indifferenti.

È un contesto di culto della terra e dell’acqua, un percorso sacro che lascia strabiliati.
Chi vi si addentra si sente piccolo di fronte all’immensità.
Non è così per tutti, purtroppo.

Nella grotta di S. Angelo, dedicata al culto di San Michele, ho trovato, ultimamente, curiosi segni per terra e qualche ossa di animale sistemate in strane posizioni.

Diversi amici naturalisti, innamorati di questi luoghi, sostengono che qui si perpetrano riti satanici da molti anni.

Qualcuno vede sempre strani movimenti di gente dalla testa rapata.

In paese a Ripe di Civitella del Tronto, sia il parroco sia i politici hanno sempre minimizzato questa eventualità.

Salendo faticosamente in doppia corda nell’antro di Santa Maria a Scalena, forse il buco più denso di misticismo, sono rimasti basito nel vedere che qualche idiota è arrivato in questa posizione disagevole, solo per imbrattare i muri con bombolette spray, di svastiche, croci uncinate e bestemmie.

Dico, come si fa?
Si dovrebbe provare un profondo rispetto per questo luogo.

Non credo che, come dice la leggenda, qui sia passato San Francesco e abbia combattuto contro il diavolo alla ricerca di anime.
Né tantomeno penso sia vero che ci siano tesori abbandonati sorvegliati da giganti tenebrosi, ma l’aria che si respira sembra intensa di anime.

Questa sensazione si vive per tutto il percorso che dalla cascata de “lu Caccame” in un intreccio di felci, minuscoli bonsai naturali, muschi e rovi, porta fino alle pietre di Castel Manfrino.

Per anni gente ha scavato nel miraggio di trovare preziosi ma nessuno ha estratto niente a parte cocci antichi e ossa umane.

Qui sono i sogni a brillare come oro.
Di resti umani ce n’erano e non tutti pare fossero molto antichi.

Secondo alcuni vecchi interpellati, un giorno un tizio si è imbattuto in un cranio con un po’ di pelle ancora attaccata come in macelleria. In paese non danno credito a questa storia.
L’uomo, che secondo alcuni suoi conoscenti non distinguerebbe una testa umana da una di volpe, spaventato avrebbe preso la scatola cranica, buttandola nel precipizio delle gole.

La verità forse è che in mancanza di tesori, si cerca di trovare un po’ del marcio che è dentro di noi per buttarlo via.

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Articolo di Sergio Scacchia pubblicato sul blog Paesaggio Teramano collegato alla rivista omonima.
Sul blog "Paesaggio Teramano" possibilità di visionare o fare il download dei numeri della rivista già pubblicati.
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