La strada, tortuosa, sale verso Pietranico, porta sud del Parco Nazionale Gran Sasso Monti della Laga.
Da tempo in questi luoghi gli ambientalisti combattono per la creazione di una riserva naturale nella vasta e incontaminata zona naturalistica che costeggia il fosso Rota, non lontano dal borgo semi abbandonato di Corvara e luoghi d’incanto come Pescosansonesco e Castiglione.
E’ un territorio tutto da scoprire tra antiche fonti, sorgenti, vasche riconosciute dalla Soprintendenza Archeologica come “beni di pregio”e ottima gastronomia, con cibi conditi dall’olio Dop Aprutino pescarese e accompagnati dal Montepulciano di Casauria, tra i migliori vini italiani.
Un territorio che fu, in parte, della provincia teramana, fin quando nel 1927 fu istituita quella di Pescara.
Da allora Teramo ha perso inestimabili gioielli artistici.
Qui l’isolamento del borgo non è un handicap ma un valore aggiunto.
Ciò che rende la visita indimenticabile, credo sia l’oratorio di Santa Maria della Croce, la chiesa che celebra l’Annunciazione alla Madonna, autentica perla artistica e centro di devozione mariana.
Il noto critico d’arte teramano Giovanni Corrieri, in un articolo rimarca “l’elemento meraviglia consistente nel passaggio repentino dall’austera sobrietà dell’esterno, al tripudio decorativo dell’interno”.
La storia di questo gioiello fuori dalle direttrici canoniche della viabilità corrente, ubicato all’interno di un millenario percorso di tratturi e di fede, è rinvenibile nella scritta in parte rovinata, dipinta all’interno sopra l’ingresso.
Vi si racconta che in contrada Croce esisteva una piccola cappella agreste prima che apparisse la Madonna a chiedere un luogo più consono per dedicarle preghiere.
“Maria apparse con veste bianca stellata a Domenico Del Biondo della terra di Pretanico andando vedendo il suo seminato ….” (Dall’iscrizione sopra l’ingresso trascritta nel 1878 da Antonio De Nino storico ed etnografo)
Mentre la mia 207 si rifocilla al distributore, il contadino, alla mia richiesta d’informazioni, disegna sul viso un ghigno indefinibile.
Borbotta che la chiave della chiesa è da chiedere alla “santa”. Non capisco se questa signora è definita tale scherzosamente o se da queste parti si diventa santi per volontà popolare.
L’uomo accende la sigaretta, espira una densa nube di fumo azzurro, poi stancamente indica la via da seguire.
La custode è una cordiale bionda di nome Dora che un tempo doveva essere avvenente.
Ha un vestito molto colorato con una scollatura ampia che scende su di una spalla.
Svela di essere stata ricevuta dal papa Wojtyla cui ha donato una pubblicazione sull’oratorio e di essere stata intervistata da Rai Tre sull’apparizione della Madonna.
La Vergine Maria si sarebbe palesata nel 1614 al solito pastore che non manca mai nelle presunte apparizioni mariane. La “dolce signora” aveva una stella con quattordici punte come le stazioni in pietra della Via Crucis che dall’oratorio portano, in tre chilometri, nella piazza del paese.
Il borgo conta circa settecento anime che vivono a ritmi lenti, segnati dalle stagioni agricole.
Qui la venerazione per la Madre di Cristo è enorme.
Il due di maggio al calare della sera, nell’ora del Vespro, si svolge una processione che rappresenta una delle manifestazioni storiche - religiose tra le più interessanti d’Abruzzo, una devozione popolare riconosciuta dal Ministero dei Beni Culturali di notevole interesse etnologico e antropologico.
All’interno della chiesa vive un mondo assolutamente inaspettato. Le solide mura esplodono in uno spettacolare trionfo di stucchi, oro e colori, opera di maestri del ‘600.
Le decorazioni sono forse uniche per quantità e qualità in tutto l’Abruzzo.
La figura dell’Onnipotente con la Vergine Maria non è una sontuosa metafora o una licenza poetica ma una rappresentazione viva in cui si fonde la memoria del mondo.
Qui si custodiscono dipinti che possono anche non piacere ma che trasmettono comunque emozioni.
La dimensione temporale della vita terrena scompare, inghiottita dalla gloria ininterrotta dell’eternità con le figure della Trinità a vigilare sul cammino di santità cui tutti dobbiamo tendere.
Le opere, vere architetture di luce, aiutano a confidare in una sorta di crociera celeste su cui contare alla fine di questo passaggio sulla terra.
La parte più ricca del complesso si trova nelle campate centrali, dove si ammirano ben diciotto episodi della Passione del Cristo in stile barocco. Sono notevoli gli stucchi.
Tra cornici e dorature, trovano spazio mascheroni, figure di puttini e santi celebri come Antonio da Padova, Gregorio Magno, Biagio e Giuseppe. Tutto bello ma pesante nello stile.
Ovunque sembra che il tempo si sia fermato.
I villaggi, da queste parti, sono pieni di vecchi prosciugati da decenni di duro lavoro e vita grama.
La ruggine sbriciola i cardini delle porte, le ragnatele disegnano ghirigori nelle case assediate dagli abbandoni.
Ho incontrato una deliziosa bottega che vendeva cesti in vimini di ogni formato e anche un inedito lampadario di corda intrecciata.
Ho visto anche degli utensili strani.
Un’anziana donna con gentilezza mi ha informato che si trattava di una “bruscola”, oggetto usato per la raccolta delle olive e un “graticcio”, sorta di rete dove stendere i fichi a essiccare.
Non lontano s’innalzano colline ricche di vigneti al culmine di curve tibetane.
Da secoli qui è stata introdotta l’agricoltura irrigua, canalizzando l’acqua e riempiendo la zona di oliveti e viti.
La cura dell’uva in altezza è difficilissima.
Le vigne sorgono su terreni pietrosi e scoscesi, sono molto basse e hanno difficoltà a prendere il giusto calore del sole e quello della terra.
Eppure, questo lavoro duro che l’uomo fa in modo tradizionale perché l’uso dei mezzi meccanici è quasi impossibile, regala buoni frutti.
La terra, diceva un coltivatore mio amico che oggi cura le sue distese in Paradiso, non tradisce mai.
E poi, continuava con un motto fascista, “non siamo fatti per la vita comoda”.
Famose da queste parti le tenute delle cantine Zaccagnini e Valentini che si estendono da Loreto Aprutino fino alle porte del vicino Parco della Majella.
Hanno vigneti e proprietà terriere risalenti al 1500.
Per raggiungere il gioiello del Barocco abruzzese a Pietranico, raggiungere il casello di Torre dè Passeri sulla A 25 Pescara Roma. Imboccare la statale che porta fino a Brittoli e Civitaquana.
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Articolo di Sergio Scacchia pubblicato sul blog Paesaggio Teramano collegato alla rivista omonima.Sul blog "Paesaggio Teramano" possibilità di visionare o fare il download dei numeri della rivista già pubblicati.
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