“Sai qual è la prima virtù di un pastore?
È la pazienza, quella s’impara molto presto”.
L’uomo aspira avidamente il fumo dell’improvvisata sigaretta fatta di cartina arrotolata e trancio di tabacco di infimo valore a giudicare dal cattivo odore.
Sopra le nostre teste, la gramigna vetta è chiusa in una morsa di nembi grigi.
È scesa la prima neve sui monti della Laga.
Fa freddo ma venire fin qui è valsa la pena!
“Poi - continua - s’impara a tosare, accudire le pecore gravide, a proteggere gli animali e le cose dai lupi, ad ammazzarle senza farle soffrire in caso di malattia.
Infine ci si affeziona alle bestie che riconosci una per una e ti diventano di famiglia.
Ti accorgi di quale manca, quale partorirà presto, la pigra, la più vispa, la recalcitrante furba.
Cosa credi tu uomo di città, la pastorizia è arte per pochi”.
Rocco ha quasi ottant’anni, faccia ancora avvizzita dal sole nonostante l’inverno ormai arrivato, pizzetto da satanasso e ancora va dietro a qualche pecora insieme alla fida Luna.
Tutta l’estate se ne va lungo i piedi della montagne della Laga, tra la Macera della Morte, Cima Lepri e le foreste di San Gerbone, insieme alle sue bestie.
Poi i due figli, in autunno portano le pecore in pianura e le risalgono su in aprile.
La cagna rimane con il suo amato padrone avanti negli anni.
Ha il pelo nero arcigno drizzato dalle folate di vento che ogni tanto imperversano nella zona.
Magro all’osso, l’uomo pare opporsi con fatica all’aria viaggiante.
Mi pare di essere sul set di un film d’altri tempi.
Qui la montagna è come la madre di quei pochi irriducibili che non volgiono rompere con le proprie radici.
“Ma quale madre - quasi urla il vecchio - questa è una montagna cattiva, dura e buona solo per pastori e eremiti.
E poi l'hai sentita l'ultima scossa l'altra sera? Il terremoto non ci lascerà mai”.
Nulla di più vero.
Un tempo e fin dall’antichità, sia i transumanti che gli asceti avevano l’uso comune delle grotte e dei ripari di fortuna in caso d’intemperie.
Queste due dimensioni antropologiche e sociali, così diverse e apparentemente distanti, hanno vissuto per lunghi secoli in contiguità tra loro.
Oggi che gli asceti sono scomparsi dalle forre d’Abruzzo, quasi inesistenti ormai i pastori, gli eremi, le capanne in pietra, continuano a segnare il paesaggio della Laga, tra anfratti naturali, gole, fitti boschi.
Quest’uomo d’altri tempi che fa pascolare le sue bestie pare confermare tutto ciò.
“Noi pastori siamo razza strana, amico mio! Io ancora oggi sono superstizioso.
Guarda, da anni porto in tasca queste due pietre lisce che trovai da ragazzino nel bosco sotto Lama.
Le tasto, me le rigiro nella tasca dei pantaloni e mi sento tranquillo”.
Ride un po’ sguaiato l’uomo antico mentre mostra i suoi antichi talismani improvvisati.
È una gioia ascoltarlo!
“Le pietre che ho con me da cinquant’anni, sono comunque nuove perché non c’è mai niente di nuovo sotto il sole”.
Proprio un pastore poeta mi doveva capitare!
Mi segno questa frase un tantino sibillina nel mio taccuino.
Il vecchio, dopo una suonata con la sua armonica a bocca, si allontana non prima di aver lanciato le sue ultime chicche:
“Il mondo è da vivere senza fretta e pazienza proprio come facciamo noi pochi pastori rimasti in giro.
Custodisci sempre quel poco che hai come faccio io con queste mie pecore.
Anche se hai poco, ricorda che siamo troppo piccoli per abbracciare il mondo”.
Si è alzato il vento, portando non solo gli odori della terra.
Pare trasportare anche il sudore di chi lavora senza mai fermarsi, i sogni degli uomini che credevano in una vita facile, ricca di soddisfazioni e che hanno trovato un’esistenza di stenti.
Invidio la libertà del vento!
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Articolo di Sergio Scacchia pubblicato sul blog Paesaggio Teramano collegato alla rivista omonima.Sul blog "Paesaggio Teramano" possibilità di visionare o fare il download dei numeri della rivista già pubblicati.
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I monti della Laga, parte teramana si raggiungono da più parti. La valle del Castellano si raggiunge da Teramo per la strada provinciale 48 per il Ceppo e poi la 49, venti chilometri per Valle Castellana.
Da Ascoli Piceno sono circa venti chilometri.
Il mio caro amico Alessandro de Ruvo, artista della foto, ambientalista del C.A.I. e cultore della montagna, mi ha concesso l'utilizzo dei suoi stupendi scatti di montagne innevate!
Grazie Alex!
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