La piccola chiesa è gremita.
Stipati in ogni ordine di posti ci sono tutti: il macellaio, l’assessore comunale, l’erbivendolo, l’emigrante che ha fatto soldi in America, il pastore.
Il coro di voci bianche intona canti natalizi accompagnati dal vecchio organista del paese.
I chierichetti in tunica rossa e cotta bianca, fieri di poter essere sul presbiterio, si muovono sinuosi; oscillano il turibolo, spandendo fumi variopinti di incenso profumato.
Il vecchio parroco sull’altare ha il sorriso soddisfatto.
Ai piedi dell’officiante un piccolo presepe dove ci sono tutti, da San Giuseppe, alla Madonna, dal bue all’asinello, ai pastori.
Manca solo il Bambino…
Vi racconto di una vigilia di Natale che non c’è più, in un remoto paesino qualunque ai piedi dei Monti della Laga teramani, dove la gioia è incontenibile nell’ attesa.
Fuori dal borgo, anche le boscose creste attendono, muovendosi sinuose, accompagnate dal vento freddo dell’inverno.
Si sente risuonare per le contrade una dolce melodia che prende tutti per mano a guidare come novella cometa, verso il luogo dell’evento.
Ecco i bambini in sciarpe e mantelline, con gli occhi assonnati ma sgranati per la curiosità antica, i nasini all'insù rossi per il freddo, ma felici di assistere alla veglia alla quale mai si sognerebbero di mancare.
Altri tempi si dirà!
L'atmosfera ed il mistero del Natale sono fra le poche cose che conservano un pizzico d’ incanto e poesia.
Il venticinque dicembre ancora oggi odora di conifere e di agrumi, di neve e di agrifoglio, di torrone e di frittelle.
Basta saper percepire i profumi e la magia e condividere le tradizioni.
Non facciamo scomparire usanze belle!
Riscopriamo il Natale di un tempo!
Le ansie, il travaglio per concepire un presepe più bello di quello del vicino di casa.
La ricerca di sugheri, legni, pietre, vetri, stagnola, cartoni, per creare l'ossatura del mistico teatro; l'apparato di monti, valli, anfratti, gole, grotte, quasi una nuda creazione di uno spicchio del mondo che deve rimanere integro negli anni che passano.
Che bello riascoltare i pastori intonare, con ciaramelle e cornamuse, l’immancabile “tu scendi dalle stelle”.
Che gioia riscoprirci coinvolti da questo momento magico; la vecchia che fila davanti alla finestra, il contadino che zappa il suo orto, il garzone tra le pecore al pascolo, il mugnaio, il maniscalco.
Ripetere quello che facevano i nostri nonni, quando alla messa di mezzanotte, deponevano in sacchi, asciugamani di canapa e lino, filati appositamente per gli usi della chiesa.
E che bello sarebbe ritrovarsi attorno al focolare, mentre un grosso ceppo di faggio brucia e riscalda fino a Santo Stefano, recitando un rosario, raccontando storie e mangiando noci e lupini con vino novello.
I bambini accoccolati accanto alla stufa con una vecchia coperta e, nel silenzio della sera, bello vederli ascoltare estasiati il nonno raccontare, con il sottofondo del crepitio della legna nel camino.
Le donne che preparano la “pastuccia” di fichi secchi,olio, zucchero, qualcuno a suonare fisarmonica e chitarra.
Apriamoci allo spirito di solidarietà e di amicizia che regnava in passato nelle comunità rurali del territorio teramano.
Torniamo a far sì che la nascita del Figlio di Dio, riacquisti la dignità di ricorrenza più attesa e sognata.
Gli articoli inseriti nella rivista sono redatti da Sergio Scacchia, autore tra l'altro di tre libri:
"Silenzi di Pietra" e "Il mio Ararat" e "Abruzzo nel cuore".
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