Un fantastico transumare di nubi accompagna la magnifica salita alla Forcella.
Appena sopra il valico, il cielo diventa di piombo.
Come scogliera di Dio, la Majella che brilla sotto un raggio di sole diventa ancora più bella se possibile.
Inutile dire che questi luoghi sarebbero piaciuti un casino ad Arturo Bandini, il protagonista delle storie di John Fante, l’americano la cui famiglia è originaria di Torricella Peligna, da Nick ruvido abruzzese che lasciò la sua terra per emigrare con gli occhi gonfi di pianto.
I libri del John figlio di oriundo sono un must della letteratura di viaggio, racconti saturi di humour nero e vita di strada amara tra poche gioie e molti dolori.
Libri che raccontano la dura esistenza degli uomini d’oltre oceano che molto somigliano a quelli della montagna abruzzese dura, rocciosa, a volte inespugnabile di quest’area tra le più nascoste della regione verde d’Italia, dominata dalla montagna madre e dal fiume Sangro, padre dei corsi d’acqua abruzzesi e linea di confine con il Molise.
Sono luoghi del mistero, secondo la felice definizione del grande Benedetto Croce.
Niente di più vero, penso, mentre m’inerpico sulle alture e le strade tortuose che s’insinuano tra borghi sconosciuti come Borrello e le cascate più alte d’Appennino, quelle del Rio Verde, Rosello con la sua piccola foresta di rari abeti bianchi in un mondo che sa di scandinavo, Altino con i suoi boschi di faggio, Pennadomo, Montenerodomo e i resti archeologici del municipio romano di Iuvanum.
E mentre viaggi a bocca aperta colpito da tante sollecitazioni, le ombre e gli spazi di una giornata estiva insolita, meteo parlando, rivelano scorci inattesi sui paesi dell’Aventino e su di un parco, quello della Majella d’inusitata bellezza.
Bisogna comunque dirlo forte, la piccola economia di questi luoghi langue.
Qualche vecchio produttore di formaggi si è intestardito a continuare, qualche piccolo albergatore si da un bel daffare per stimolare le visite: un convegno su Fante, un’escursione a vedere i camosci, la fantastica scoperta del buco nel cuore della montagna, le cosiddette “grotte del Cavallone”, tanto amate da Gabriele D’Annunzio che ci ambientò la sua opera “La figlia di Iorio”.
Poco turismo inspiegabilmente, qualche camminatore, appassionato di natura, nulla più.
Chiedete al simpatico Guerino che gestisce un piccolo albergo a conduzione familiare, ereditato dal padre, dal nome che è tutto un programma, “Il Paradiso”.
Si mangia da Dio a prezzi più che onesti qui dove l’ospitalità è sacra!
Pasticceria sopraffina, specializzata in fiadoni d’Abruzzo, camere ultra confortevoli e cucina casereccia curata dalla moglie tra tartufi, funghi e formaggi incantevoli.
Se non fossimo solo noi di famiglia, i sacrifici di papà andrebbero a carte quarant’otto - mi dice amaro il buon albergatore.
Tutto intorno, borghi dimenticati da chi non conosce a fondo il territorio come l’affascinante Gessopalena con il paese medievale abbandonato e l’inedito museo del gesso.
Più in là verso il confine molisano e la gola della Gran Giara, nella Majella più dura lontana qualche curva, antichi abitati da rivitalizzare, magari con progetti di albergo diffuso per stimolare turismo.
Una finestra su mondi perduti e lontani.
Da nord e sud si raggiunge la Majella orientale, Torricella Peligna, Gessopalena con l'autostrada Adriatica A14 (da nord: in direzione di Ancona; da sud: in direzione Pescara), uscire a Val di Sangro, seguire la direzione Villa S. Maria, prendere la SS 652, proseguire in direzione Colle Zingaro, Torricella Peligna percorrendo la SP 110.
Per contattare l'albergo Paradiso 333 938 4180 - 0872 9694 01 - pagina Facebook a disposizione
Sul blog "Paesaggio Teramano" possibilità di visionare o fare il download dei numeri della rivista già pubblicati.
Appena sopra il valico, il cielo diventa di piombo.
Come scogliera di Dio, la Majella che brilla sotto un raggio di sole diventa ancora più bella se possibile.
Inutile dire che questi luoghi sarebbero piaciuti un casino ad Arturo Bandini, il protagonista delle storie di John Fante, l’americano la cui famiglia è originaria di Torricella Peligna, da Nick ruvido abruzzese che lasciò la sua terra per emigrare con gli occhi gonfi di pianto.
I libri del John figlio di oriundo sono un must della letteratura di viaggio, racconti saturi di humour nero e vita di strada amara tra poche gioie e molti dolori.
Libri che raccontano la dura esistenza degli uomini d’oltre oceano che molto somigliano a quelli della montagna abruzzese dura, rocciosa, a volte inespugnabile di quest’area tra le più nascoste della regione verde d’Italia, dominata dalla montagna madre e dal fiume Sangro, padre dei corsi d’acqua abruzzesi e linea di confine con il Molise.
Sono luoghi del mistero, secondo la felice definizione del grande Benedetto Croce.
Niente di più vero, penso, mentre m’inerpico sulle alture e le strade tortuose che s’insinuano tra borghi sconosciuti come Borrello e le cascate più alte d’Appennino, quelle del Rio Verde, Rosello con la sua piccola foresta di rari abeti bianchi in un mondo che sa di scandinavo, Altino con i suoi boschi di faggio, Pennadomo, Montenerodomo e i resti archeologici del municipio romano di Iuvanum.
E mentre viaggi a bocca aperta colpito da tante sollecitazioni, le ombre e gli spazi di una giornata estiva insolita, meteo parlando, rivelano scorci inattesi sui paesi dell’Aventino e su di un parco, quello della Majella d’inusitata bellezza.
Bisogna comunque dirlo forte, la piccola economia di questi luoghi langue.
Qualche vecchio produttore di formaggi si è intestardito a continuare, qualche piccolo albergatore si da un bel daffare per stimolare le visite: un convegno su Fante, un’escursione a vedere i camosci, la fantastica scoperta del buco nel cuore della montagna, le cosiddette “grotte del Cavallone”, tanto amate da Gabriele D’Annunzio che ci ambientò la sua opera “La figlia di Iorio”.
Poco turismo inspiegabilmente, qualche camminatore, appassionato di natura, nulla più.
Chiedete al simpatico Guerino che gestisce un piccolo albergo a conduzione familiare, ereditato dal padre, dal nome che è tutto un programma, “Il Paradiso”.
Si mangia da Dio a prezzi più che onesti qui dove l’ospitalità è sacra!
Pasticceria sopraffina, specializzata in fiadoni d’Abruzzo, camere ultra confortevoli e cucina casereccia curata dalla moglie tra tartufi, funghi e formaggi incantevoli.
Se non fossimo solo noi di famiglia, i sacrifici di papà andrebbero a carte quarant’otto - mi dice amaro il buon albergatore.
Tutto intorno, borghi dimenticati da chi non conosce a fondo il territorio come l’affascinante Gessopalena con il paese medievale abbandonato e l’inedito museo del gesso.
Più in là verso il confine molisano e la gola della Gran Giara, nella Majella più dura lontana qualche curva, antichi abitati da rivitalizzare, magari con progetti di albergo diffuso per stimolare turismo.
Una finestra su mondi perduti e lontani.
Da nord e sud si raggiunge la Majella orientale, Torricella Peligna, Gessopalena con l'autostrada Adriatica A14 (da nord: in direzione di Ancona; da sud: in direzione Pescara), uscire a Val di Sangro, seguire la direzione Villa S. Maria, prendere la SS 652, proseguire in direzione Colle Zingaro, Torricella Peligna percorrendo la SP 110.
Per contattare l'albergo Paradiso 333 938 4180 - 0872 9694 01 - pagina Facebook a disposizione
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Articolo di Sergio Scacchia pubblicato sul blog Paesaggio Teramano collegato alla rivista omonima.Sul blog "Paesaggio Teramano" possibilità di visionare o fare il download dei numeri della rivista già pubblicati.
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