A ciò dal mondo fosse più diviso per unirmi via più col mio Signore….
Pongo però nel tempo che m’avanza pria che l’alma si spogli del suo velo nel vero Paradiso ogni speranza”. (Su di una porta del convento)
Era il 1470 quando un gruppo di frati Minori della Regolare Osservanza arrivò fin sulle pendici del Monte Morrone, alla ricerca di un eremo dove condurre una vita ascetica fatta di rigore, privazioni e preghiera.
Ai viandanti dovette sembrare proprio il paradiso quel piccolo tempio dedicato alla figura di San Flaviano.
Erano seguaci di Giovanni da Capestrano e avevano collaborato con il santo guerriero che girava in lungo e largo l’Abruzzo tra una battaglia e l’altra, a edificare conventi francescani.
Il frate battagliero era stato anche a Campli, dove aveva creato nella piccola piana di fronte al borgo farnese, il convento di San Bernardino arricchito, dopo la morte del fondatore, di un grande ciclo di affreschi dedicato alla sua imponente figura ancora visibili nel chiostro desolatamente abbandonato alla violenza del tempo.
Nel corso dei secoli l’eremo angusto assunse proporzioni ragguardevoli fino agli albori del seicento.
Ciò è testimoniato dalla data 1604 incisa sull’architrave della porta d’accesso al porticato superiore.
Nel bosco che oggi circonda il luogo, sul lato ovest c’è un gigantesco albero di lauro di forma circolare intorno ad un tavolo in cemento, piantato secondo la tradizione proprio dal seguace di S.Francesco.
Qui si raccoglievano in preghiera i religiosi, sul far della sera, per recitare i “vespri”.
Il convento non ebbe vita facile; subì due soppressioni, la napoleonica del 1811 e quella del governo italiano nel 1866.
Oggi, il visitatore che, attraverso la Tiburtina Valeria Claudia che unisce Roma a Pescara, giunge nel borgo di Tocco da Casauria di fronte, simile ad un bastimento immerso nel cupo verde della piccola foresta, scorge il maestoso edificio religioso di Santa Maria del Paradiso.
Pochi si inerpicano sulle pendici del colle per visitarlo.
Molti preferiscono aggirare la collina per andare a vedere la piana dove grandi pale eoliche girano le loro teste di ferro.
Gran parte dei turisti, poi, fermano la loro attenzione sulla splendida abbazia di San Clemente a Casauria nel fondo valle che più che un edificio religioso appare quasi come un palazzo con il suo portico a tre archi, l’ampio atrio, i portali ornati da sculture.
All’interno del complesso edificato dall’imperatore Ludovico II nel 871 e ricostruito nel XII secolo, tutti vogliono ammirare il grande ambone a cavallo tra romanico e gotico cistercense, l’elegante candelabro cosmatesco con l’edicola a due piani, il singolare altare maggiore costituito da un sarcofago paleocristiano e la cripta antichissima.
Eppure il convento di Tocco, alto sul colle a dominare la valle e le gole del Pescara merita una visita. Basta guardare, ad esempio, il chiostro rettangolare con archi sovrapposti che conferiscono all’insieme una veste severa.
Lungo le pareti, nell’arco delle lunette corrispondente alle arcate e alle crociere, sono visibili begli affreschi con episodi della vita della Madonna, della Natività e della Passione di Cristo.
Sono opere realizzate da ignoti pittori di scuola abruzzese con grandi capacità nell’uso dei chiaroscuri e delle prospettive.
Peccato che spesso il complesso sia chiuso a causa dell’impoverimento delle vocazioni.
Sono fortunato questa volta.
Il frate mi accoglie con l’aria di chi non ama immensamente vedere i forestieri.
Quando gli dico di essere un terziario francescano con trascorsi di Consiglio Regionale laico e di conoscere molti suoi confratelli, il sorriso si apre su di una bocca dall’impalcatura carente di denti.
Mi racconta del povero superiore, frate Virgilio, scomparso da poco, mi chiede di Padre Claudio, racconta di frate Candido che ora gira sempre l’Abruzzo e che spesso è nel convento della Madonna delle Grazie a Teramo perché è il centro più importante rimasto aperto.
Mi chiede se lì ci si trova bene il suo amico Padre Pio.
“Siamo ormai pochi” si schernisce.
Mi porta poi nell’improvvisato bar e, mentre carica la sua bella moka, mi dice che il caffè fa parte della liturgia d’accoglienza.
Non oso chiedergli se da solo si alza alle cinque per le orazioni o, al contrario, se ne strafrega beato.
Se trascina gli zoccoli per dire messa nella chiesa che presumo sia poco frequentata nei giorni feriali o se abbia legami forti con la comunità del paese.
In compenso scopro che ha l’artrosi e, purtroppo, anche l’alitosi.
“Vuoi un altro goccio di caffè, magari con correzione? – ecco la battutaccia – abbiamo tutti bisogno di correzione”.
Sarebbe interessante una visita all’antico refettorio dei frati.
Non tanto dal punto di vista architettonico dato che è reduce nel 1979 di un restauro di dubbio gusto, quanto per le tele dedicate alla Annunziata.
Dal chiostro si accede poi alla biblioteca conventuale dalle ampie volte a botte formate da blocchi di tufo.
Ma il vecchio religioso è restio a introdurmi fin là, soprattutto quando gli dico di aver visto tutte le sale qualche anno prima.
Deve aver capito che voglio scattar foto dal borsone che ho con me.
Quella volta che visitai il convento di Capestrano, riuscii a infilarmi dentro la grande biblioteca e vidi addirittura gli scritti di San Giovanni, dei meravigliosi codici miniati e degli incunaboli antichi.
Qui pare debba rinunciare.
Il rito d’accoglienza manca di un degno finale.
La creazione di questo angolo di cultura risale al secolo XV.
Peccato che nel 1811 per Ordine Regio molti dei codici, dei volumi preziosi, degli incunaboli del ‘500 furono trasportati a Napoli, nella grande Biblioteca Nazionale.
La piccola chiesa è in stile gotico rinascimentale e accoglie il visitatore con un bel portale in pietra contenente una lunetta affrescata nel ‘500 che ritrae la Madonna oggetto della devozione, ai lati, di San Francesco e San Giovanni Evangelista.
Nell’interno, prima di ripartire, mi soffermo beato, a guardare il bel coro ligneo di stile gotico con diciassette stalli.
Fuori il piazzale scorrazzano indisturbati e felici un cane e un gatto insolitamente amici.
Sono sempre stato convinto che gli uomini di Dio sanno sceglier bene i posti dove avvicinarsi al Creatore.
Per raggiungere il convento e Tocco, percorrere la Tiburtina Valeria Km.190, bivio Tocco da Casauria.
A25 Roma- Pescara:
Uscita Torre dé Passeri Casauria se provenienti da Pescara.
Uscita Bussi sul Tirino se provenienti da Roma
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Articolo di Sergio Scacchia pubblicato sul blog Paesaggio Teramano collegato alla rivista omonima.Sul blog "Paesaggio Teramano" possibilità di visionare o fare il download dei numeri della rivista già pubblicati.
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