Il silenzio regna sovrano.
Potrebbe quasi dare fastidio in una società che come afferma Max Picard, ha l’uomo come appendice del rumore.
Invece questo luogo sacro è il posto ideale per ritrovare anche solo un briciolo della propria umanità attraverso la riscoperta dell’antichissima arte di “ascoltare il silenzio”.
Nell’entrare all’interno del convento di Santa Irene, a poca distanza da Catignano nel pescarese, tornano alla mente le parole di Eraclito che ai suoi tempi così lontani da noi già si lamentava dei suoi simili “incapaci di ascoltare, capaci solo di parlare”.
Questo santuario è la palestra del silenzio, l’esaltazione dell’essenzialità del silenzio.
È come riscoprire d’un tratto la propria vita interiore, quella autentica che credevamo persa.
Bella la lunetta che sormonta l’entrata dove si trova un bassorilievo di S. Anna con Maria Bambina che ricorda come la chiesa fosse inizialmente dedicata alla Natività della Madonna.
La particolarità della scultura è nei tre fori che si trovano sulla fronte della madre della Vergine a rappresentare la lungimiranza, dal petto della dolcissima Bambina a significare la coscienza e dai piedi delle due donne a simboleggiare la materia e la vita terrena.
Dicono fossero aperture che contenevano gemme preziose che brillavano al sole dando l’impressione di un qualcosa di vivente a chi si approssimava al portale.
Le pietre trafugate dai soliti ignoti, non sono state mai ritrovate.
Scopro attraverso un foglietto posto a lato dell’ingresso, che questo è un tempio censito da un singolare sito internet che si chiama LuoghiMisteriosi.it.
L’edificio in stile abbaziale romanico, dedicato alla santa vergine e martire, custodisce intanto mirabilmente, dall’anno 1847 in un’urna in vetro, le spoglie di questa giovane, recuperate dalle catacombe di Priscilla a Roma, inoltre ha una storia sontuosa che parte dalla realizzazione dei benedettini alla fine dell’XI secolo.
Qualcuno ipotizza anche un intervento precedente da parte dei cistercensi, di cui si notano tracce disseminate nelle tre navate.
Che le spoglie siano autentiche lo testimonia da una lettera del Cardinale Zurla che all’epoca certificò al cappuccino Padre Enrico che le ossa erano proprio della donna martirizzata per il Signore.
La chiesa, che ha avuto notevoli trasformazioni nei secoli, fu ripristinata definitivamente nel 1949 grazie alla Soprintendenza ai Monumenti e Belle Arti dell’Aquila.
A rendere tutto misterioso ci sono, disseminati ovunque, simboli antichi a cominciare da quello importantissimo detto “Sandalo del Pellegrino”.
Era una sorta di firma in pietra di chi aveva affrontato chilometri a piedi per vivere un pellegrinaggio di redenzione.
Preso da incontenibile voglia di scoperta, non sento neanche i passi dietro di me.
Pochi attimi dopo faccio conoscenza con un personaggio affascinante, Fra Giuseppe Antonio da Otranto.
Si tratta di un giovane che da alcuni anni è immerso in studi teologici negli istituti dei Padri Amigoniani che dal 1936 gestiscono come Terziari Cappuccini dell’Addolorata un centro di formazione spirituale nel convento accanto alla chiesa.
La sua voce stentorea m’introduce mirabilmente nei segreti di questo luogo incredibilmente affascinante.
Ecco che ai miei occhi si palesano i “Fiori della Vita”, simboli templari, a sei petali circoscritti in una circonferenza.
Il giovane frate, preparatissimo, mi ricorda che questo segno antichissimo era denominato anche “Sesto giorno della Genesi”, a richiamo perenne della grandezza del Creato e del suo Creatore.
Mi mostra poi degli enigmatici graffiti che riporterebbero un simbolo tra i più antichi al mondo: “La Triplice Cinta”, incastro di quadri attraversati da linee parallele.
Secondo la tradizione templare questo era, in virtù della presenza di queste incisioni sulle pietre, un luogo di enorme sacralità e ad alta carica energetica contenuta nei suoi sottofondi.
Le parole di questo incredibile terziario sono ferme ma parlano il linguaggio dell’amore verso gli altri, di una profondità d’animo di chi si appresta a diventare presbitero.
Usciamo sul retro della chiesa e nella bella parte absidale compaiono inquietanti mascheroni in pietra con volti umani e animali, guardiani posti a intimorire chi volesse entrare senza aver fede nel mistero grande di Dio.
Ma tu non devi temere - mi dice- ho già captato che sei molto credente!
E mi regala una bella immagine della giovane Irene che fece sua l’affermazione di Ignazio di Antiochia che disse: “Cristo è la Parola che procede dal silenzio, facendo risuonare dentro di se la necessità della presenza di Dio”.
Nell’andare via porto con me anche un’interessante pubblicazione a cura dello scrittore Fabio Ponzo che riassume tutte le notizie incredibili di questo luogo santo.
Proprio vero.
Sono questi posti, nascosti ai più, che aiutano a diminuire il prestigio del linguaggio e ad aumentare quello del silenzio.
- Arrivare a Catignano:
- Dall'autostrada Adriatica A14 (da nord: in direzione di Ancona; da sud: in direzione Pescara), seguire la direzione Pescara Ovest/Chieti, A 24 per L'Aquila, A 25 per Roma, SS 81 direzione Penne, svoltare sulla SS 602 e percorrerla fino a Catignano.
- Da Pescara
- Percorrere la SS 16 in direzione Chieti, seguire le indicazioni per la SS 81 direzione Penne, svoltare sulla SS 602 e proseguire fino a Catignano.
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Articolo di Sergio Scacchia pubblicato sul blog Paesaggio Teramano collegato alla rivista omonima.Sul blog "Paesaggio Teramano" possibilità di visionare o fare il download dei numeri della rivista già pubblicati.
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