Gli orizzonti verso l’Adriatico sono dolcemente mossi come lenzuola gonfiate dal vento.
Il paesaggio della riserva naturale dei calanchi, si dispiega dolce, a tratti grandioso, con docili quinte di colore che sfumano in lontananza nel blu cobalto del mare.
La città ducale di Atri però non ha solo bellezze naturali, nè tantomeno annovera solo il gioiello della cattedrale e del palazzo Acquaviva.
Tra i suoi tanti tesori c'è il museo capitolare, autentica memoria storica e artistica di una città che non finisce mai di stupire.
Varcando l’atrio, il visitatore intuisce subito che il viaggio nel tempo, dall’Hatria archeologica alle testimonianze romane e giù fino ai giorni nostri, sarà esaltante.
Alla fine del 2012 questa stazione di rifornimento dell’anima, custode di memorie, ha festeggiato i cento anni dalla nascita.
Si trova all’interno di una struttura quattrocentesca, annessa al monumentale Duomo, dove spicca un superbo chiostro del Duecento di architettura monastica cistercense, con il suo pozzo centrale a base ottagonale del ‘500 e una cisterna romana di epoca imperiale.
Questa prodigiosa macchina del tempo segue un ideale filo logico storico e culturale sottolineato da opere insigni e antichi arredi lignei.
Il museo nacque nel 1912 per iniziativa di mons. Raffaele Tini, condotto negli anni con abnegazione invidiabile, da Don Bruno Trubiani.
Il percorso che si sviluppa in nove secoli di arte, è in grado di soddisfare ogni amante del bello con tessuti, ceramiche, quadri, gioielli.
Opere senza tempo, frutto dell’abilità delle mani di tessitori, ceramisti, pittori, orafi, lapicidi.
Il senso della bellezza contagia di sé tutta la struttura, dalle architetture agli oggetti che colpiscono tutti per la loro potenza espressiva, in grado di raccontare un po’ della cultura non solo religiosa del territorio atriano.
E così, agli occhi sbalorditi del visitatore, in una sala si mostra il fine lavoro di un intagliatore che si esprime attraverso un inginocchiatoio intarsiato dove spiccano angeli oranti, armadi di legno di un’antica sacrestia con, incorniciate mirabilmente, opere d’ispirazione biblica, pregiate cornici dove spicca il Cristo, agnello immolato per l’umanità.
Poi, in una successiva sala, lo sguardo si posa su paramenti ricamati in argento e oro, tappeti annodati con preziosi fili, fino a varcare la soglia dello spazio pinacoteca, con notevoli dipinti del ‘500 e del ‘700, che mostrano delicate immagini della Madonna con il Bambino, i santi, le tavole raffiguranti la natività e la flagellazione del Signore, fino alle raffigurazioni dei genitori della Vergine, San Gioacchino e Sant’Anna.
Una nuova sala, una nuova meraviglia.
Sfilano preziosissimi messali, codici miniati e rari incunaboli di estrema eleganza compositiva, tra maiuscole decorate, scritture gotiche, frutto di un medioevo fantastico che attraverso colori e segni, esprime la sua immortale capacità di attrarre in ogni epoca.
Ultima, ma non per importanza, la sezione maioliche di Castelli con i piatti, i mattoncini votivi, le ciotole, gli albarelli firmati Grue, Gentili, Cappelletti o Gesualdo Fuina.
Tra capitelli, epigrafi, cornici, frammenti di storia romana attraverso pietre scolpite, termina una visita fantastica a un museo poco reclamizzato ma da non perdere.
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Articolo di Sergio Scacchia pubblicato sul blog Paesaggio Teramano collegato alla rivista omonima.Sul blog "Paesaggio Teramano" possibilità di visionare o fare il download dei numeri della rivista già pubblicati.
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