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giovedì 4 aprile 2013

Canzano : Il borgo sospeso nel cielo

Un cucchiaio di buon cibo, un pizzico di paesaggio, una manciata di cultura.
Ecco tre ingredienti per catturare l’attenzione del turista su Canzano.
Il borgo, tra vedute pittoresche e scorci da cartolina, nasconde tesori da non perdere.


L’indimenticabile Tiziano Terzani, vestito di bianco candido, descriverebbe così, nella sua maniera forbita, questo posto meraviglioso:
Il Divino Artista è inesauribile con le sue sorprese. Gli spazi sono magici e, nei paesaggi del cielo, le montagne e le colline rivaleggiano con l’atmosfera …”.

Risalendo la valle del Vomano, attraverso la zona rurale di San Martino, il borgo di Canzano appare agli occhi, con il suo tipico aspetto che lo fa sembrare un gigantesco essere vivente, arroccato su di un colle olivato.
Nell’epoca dei social network, del cemento che ingombra i panorami, tra centri commerciali e città assediate da ruspe, è bello trovare ancora luoghi dell’anima.

Parliamo di uno di quei villaggi collinari in Italia pieni di storia e di storie, per chi cerca il bello, l’autentico per ospitalità, gastronomia e arte minore.
 Un luogo sospeso nel cielo tra scorci da cartolina.
Storia sontuosa quella di Canzano.

Alcuni reperti archeologici confermano un insediamento romano.
Il massimo splendore è nel medioevo quando fu costruito un castello.
Allora il luogo si chiamava “Canzanella”, cittadella della Buona vista.
Seguirono anni di dominio degli Acquaviva, Duchi di Atri, le vicende del Regno delle Due Sicilie e l’unificazione d’Italia.

Qui non si è mai rinunciato ai ritmi lenti.
Il piccolo centro defilato in alto, guarda il mare volgendo le spalle alle vette dell’Appennino.
Si respira l’aria dell’”arriere-pays”, come chiamano i francesi, i piccoli paesi dell’entroterra, immuni dall’ostentazione del lusso e dagli schiamazzi della costa.

Dal balcone di una signora che si è prestata a ospitarmi per il tempo di scattare foto di un’incomparabile veduta, il Gran Sasso ancora innevato, luccica come fosse di metallo.

Il borgo è minimo, ma è un’acropoli di antiche dimore e archi, torri, porte e scale dentro un anello di mura, che si sciolgono in rivoli di strade e abitazioni.

Il paese inizia dalla “porta Nuova”, attraversa via Roma e, in piazza, si dirama in un intarsio urbano di vicoli stretti a spina di pesce, come la “strada piazzetta” larga appena 65 centimetri.

Un’antica cinta muraria segna il suo profilo con un torrione merlato del secolo XI.

Noi viviamo di economia agricola - mi dice Antonio Parnanzone, per anni componente della dinamica Pro Loco - ecco perché con Benito Marsilii e Angeloandrea De Martiniis abbiamo il sogno di allestire un museo di cultura contadina con un’associazione che potrebbe nascere grazie alla collaborazione dell’azienda agricola Cerulli Irelli Spinozzi”.

E’ uno scampolo di meraviglia visitato anche dalla Madonna.

Un’antica tradizione racconta del miracoloso apparire della Vergine che, dall’alto di un albero, comunicò a un contadino il desiderio di una chiesa eretta in suo onore.

Oggi questo luogo sacro sorge su uno dei tre colli dell’abitato: Il Castellano, con la chiesa gotico- barocco della Madonna dell’Alno, il Civetta, con un ameno boschetto e San Salvatore con la solitaria pieve omonima.

Da non perdere la chiesa di San Biagio con il suo campanile in cotto e le “neviere”, freschi sotterranei dove, in un’epoca senza frigoriferi, le donne conservavano le provviste familiari.



Gli articoli inseriti nella rivista sono redatti da Sergio Scacchia, autore tra l'altro di tre libri:
"Silenzi di Pietra" e "Il mio Ararat" e "Abruzzo nel cuore".

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