(Grazie per la collaborazione e le foto al professor Lucio De Marcellis)
Il silenzio della campagna riempie le orecchie.
Il canto degli uccelli, una foglia che si stacca da un ramo e scivola tra quelle ancora attaccate all'albero, il vento che sussurra tra gli olivi.
Davanti ai miei occhi l’antica chiesa di San Nicola.
Di là del colle il gruppetto di case del borgo di
Cavuccio.
Per secoli, benché minuscolo, punto di ritrovo per mercanti e viaggiatori che, attraverso i monti, dovevano raggiungere le terre marchigiane.
Qualcuno ipotizza che qui esisteva un monastero, distrutto e sepolto in epoca remota.
Altri giurano che la Parrocchiale sia stata costruita sui resti di un’antica chiesa dell’anno mille.
Di sicuro sono stati rinvenuti ruderi di un antico acquedotto romano.
Esternamente, sulla porta laterale, un architrave in pietra presenta incisioni misteriose di origine sumerica.
Gli abitanti del luogo non sanno come siano arrivate lì.
La vetusta chiesetta risalente al XV secolo, posizionata nella parte estrema dell’abitato, restaurata poco tempo fa grazie ad un contributo regionale, sembra nata come atto di ringraziamento.
Si favoleggia di una furiosa battaglia svoltasi tra i contadini e temibili briganti.
Lo scontro volse a favore dei locali che sconfissero il gruppo degli invasori, erigendo questo edificio sacro come voto a Dio per il pericolo scampato.
I paesi venivano costruiti su dei colli proprio per difendersi dalle razzie di questi malviventi.
Basti pensare ad altri villaggi limitrofi come Villa Ripa, Frondarola, Spiano o Rocciano.
Le famigerate bande capitanate dal mitico Santuccio di Froscia e dal feroce Titta Colranieri compivano le più nere malefatte, mettendo tutto a ferro e fuoco.
Questa ridente frazione di poche dimore raggruppate e racchiuse fra colline verdi, posizionata su di un colle a belvedere, che dista sette chilometri da Teramo, è semplicemente deliziosa.
Pochi abitanti, tutti innamorati della loro terra.
La mancanza di un piano regolatore non ha permesso, negli ultimi anni, l’edificazione di nuove abitazioni e questa è stata una vera fortuna.
Sembrano antichissime le origini di Cavuccio. Resti di epoca romana sono visibili in contrada “Malle” che, insieme a quella denominata della “Taverna”, “Collepiano” e “Piano Piccolo”, rappresentano la parte del paese con il più alto numero di abitanti.
Il villaggio è citato già nel 1007 quando esisteva un castello a Piano Piccolo, poi donato al Vescovo Pietro I.
Aggregata vi era anche Villa Ripa denominata Riparattieri che, secondo vecchi censimenti risalenti al 1931, divenne poi frazione a sé stante.
Secondo un bollettino di quegli anni, Cavuccio contava oltre 500 abitanti con circa 114 famiglie.
Oggi le anime sono molto meno.
Il piccolo nucleo, nella sua atmosfera raccolta, ha conservato la sua vocazione agricola anche se molti lavorano a Teramo.
La passeggiata volge al termine.
Alcuni alberi sulla strada mostrano piccole mele.
Frutto proibito dell’Eden o pomo di Paride, nell’immagine tramandata dagli antichi, la mela è “mala orculos”, il cibo degli Inferi.
Ma qui a Cavuccio è tutto paradisiaco.
Gli articoli inseriti nella rivista sono redatti da Sergio Scacchia, autore tra l'altro di tre libri:
"Silenzi di Pietra" e "Il mio Ararat" e "Abruzzo nel cuore".
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