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martedì 7 maggio 2013

A Cesacastina "lu Jase Criste de lu colle"

Il restauro dell’antico crocifisso sul tratturo di Campotosto, nella cona votiva che proteggeva i transumanti nel loro cammino.

Non so se vi siete mai soffermati, camminando in montagna, davanti alle piccole cappelle, deliziose icone del buon viaggio, per una preghiera o, semplicemente,
per osservare e penetrare un pizzico dell’immensa devozione che anima gli abitanti
delle “terre alte”.

È quanto di più poetico possa esistere.

La tradizione popolare ricorda che l’immagine santa serviva a proteggere i viandanti dalle forze del male che vagavano senza posa.


Sulla conservazione di tutte queste impronte mistiche non gravano solo le avversità meteorologiche ma, soprattutto, incuria e vandalismo.

C’è ovunque un patrimonio di religiosità popolare impossibile da catalogare con un numero incalcolabile di edicole, nicchie e crocicchi.
David Maria Turoldo, frate dei Servi di Maria, scomparso nel ’92, descriveva così questa devozione di strada: "Povere immagini opere di anonimi artisti che per me sono amabili al pari di Giotto e Cimabue …".

A Cesacastina, nel cuore dei monti della Laga, c’è una di queste creazioni di arte e fede.
Una cona votiva dedicata al transumante che oggi richiama per lo più memorie infantili o statuine di presepe, ma che un tempo significava essere uomini percossi dalle lame acuminate del sole, tormentati dalle piogge.
I pastori attingevano forza fisica dalla devozione cristiana.

Proprio la scorsa estate, in ricordo di questi antichi carovanieri dell’angoscia è terminato il restauro del crocefisso de “lu Jase Criste de lu colle” tornato bello come non mai nel piccolo tabernacolo posto a fianco di un tratturo che arriva a Campotosto, attraverso il Colle di Mezzo.

Era, questo, il percorso delle greggi che, per recarsi ai pascoli romani, invadevano le strade come un fiume di lana, coprendo ogni spazio con i loro velli, tra i cani bianchi abbaianti e polvere sollevata, a sfumare il paesaggio come in un sogno.

La cona votiva di Cesacastina fu realizzata dall’agiata famiglia Baldassarre che commissionò il crocefisso a un falegname locale, Alfonso Vetuschi, alla fine del 1850, ricavandolo da pezzi diversi di legno assemblati tra loro in modo un po’ artigianale.

Lo stesso artista realizzò le due porte della chiesa seicentesca dei Santi Pietro e Paolo a forma di croce con il suo inconfondibile campanile a vela e a tre campane.



Gli articoli inseriti nella rivista sono redatti da Sergio Scacchia, autore tra l'altro di tre libri:
"Silenzi di Pietra" e "Il mio Ararat" e "Abruzzo nel cuore".

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